Dal 1948
La Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, prevede, all’articolo 52, che «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge». Non c’è alcun riferimento alla possibilità di obiettare (cosa che invece è prevista dalle carte costituzionali di alcuni Paesi europei) nonostante il fatto che, durante i lavori della Costituente, allorquando si discute dell’impianto da dare alle Forze Armate, due deputati presentino un emendamento, poi bocciato, volto a introdurre il diritto all’obiezione di coscienza.
I primi due casi di obiezione di coscienza che si verificano in Italia nel dopoguerra sono quelli di Rodrigo Castiello ed Enrico Ceroni, il primo pentecostale, il secondo testimone di Geova. Ma è il caso di Pietro Pinna, proclamatosi nonviolento, a suscitare il primo dibattito nel Paese, nel 1949, sia per l’intervento di alcune personalità a difesa del giovane, come Aldo Capitini (il filosofo perugino promotore, tra l’altro, della prima Marcia Perugia-Assisi nel 1961), sia per alcune pressioni internazionali sul governo italiano. Sempre nel 1949 viene presentato il primo progetto di legge per il riconoscimento giuridico dell’obiezione, a firma dei deputati Calosso (socialista) e Giordani (democristiano).
Negli anni Cinquanta si hanno altri casi di obiezione, per lo più di matrice religiosa e anarchica: il carcere resta l’unica strada per chi obietta al servizio militare. Nel 1955, don Primo Mazzolari pubblica anonimo il suo Tu non uccidere. Negli anni Sessanta si verifica una svolta: la presa di posizione di alcuni ambienti cattolici. Comincia nel 1962 Giuseppe Gozzini, il primo obiettore cattolico, la cui obiezione scatena un ampio dibattito e in difesa del quale si schiera Padre Ernesto Balducci, che subisce anche un processo e la condanna nel 1963. Due anni dopo tocca a don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, prendere le difese degli obiettori di coscienza e subire una condanna e un processo: la sua Lettera ai giudici rimane un documento limpido e ancora attuale. Nel frattempo, al "laboratorio fiorentino della pace" partecipa attivamente anche il sindaco Giorgio La Pira che, convinto e instancabile pacifista, nel 1961 fa proiettare il film "Non uccidere" del francese Autant-Lara, che narra una vicenda di obiezione di coscienza e la cui distribuzione è stata vietata dalla censura. Così, mentre anche all’interno della comunità cristiana, seppur a fatica, si allarga il dibattito, il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et spes del 1965, auspica leggi giuste ed umane da parte degli Stati nei confronti degli obiettori.
Anche il Parlamento comincia ad occuparsi dell’argomento con varie proposte di legge che vengono presentate, ma l’unico risultato è l’approvazione della cosiddetta "legge Pedini" nel 1966 che consente il servizio volontario internazionale nei paesi del terzo mondo valido ai fini degli obblighi di leva. Alla fine degli anni Sessanta si verifica un clamoroso caso di rifiuto di massa del servizio militare: centinaia di giovani residenti nella Valle del Belice, la zona siciliana distrutta dal terremoto del 1968, rifiutano di presentarsi in caserma per protesta nei confronti dello Stato. Nel 1971, grazie anche alle pressioni dell’opinione pubblica, dei movimenti pacifisti (nel 1969 si costituisce la Lega per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e nel 1973 la Lega Obiettori di Coscienza) e del Partito Radicale, il Senato approva un testo di legge che tuttavia non viene approvato dalla Camera per lo scioglimento anticipato del Parlamento.
Dal 1972
Intanto cresce il numero di giovani che preferiscono il carcere all’arruolamento nelle Forze armate. Sono diventati oltre 150 e comincia a costituire un "caso umanitario" la soluzione della loro situazione. Con questa motivazione, il 15 dicembre 1972, dopo un rapido e superficiale dibattito, viene approvata la cosiddetta "legge Marcora" (dal nome del deputato democristiano firmatario di una proposta) che ha come effetto immediato, alla vigilia del Natale, quello di schiudere le porte del carcere per quanti vi sono stati rinchiusi in quanto obiettori. Una decisione storica: nella legislazione italiana entra la possibilità di non accettare l’arruolamento nelle Forze Armate in nome del rifiuto delle armi e di sostituire il servizio militare con un servizio civile.
L’approvazione delle legge non incontra il favore di molti, a causa dei tanti punti criticabili della nuova legge. Infatti, nella legge 772/72 l’obiezione non si configura come un diritto soggettivo bensì come un "beneficio" concesso dallo Stato a determinate condizioni e con determinate conseguenze. Da questa impostazione di fondo deriva: il potere del ministero della Difesa di respingere la domanda di obiezione, dietro parere di una commissione chiamata a indagare la sincerità delle motivazioni addotte dall’obiettore (commissione subito ribattezzata dagli obiettori "tribunale delle coscienze"); la mancanza di tempi certi per l’espletamento delle formalità burocratiche da parte dell’Amministrazione della Difesa; la durata del servizio civile di otto mesi più lunga del servizio militare, con un’evidente carattere punitivo nei confronti degli obiettori; la gestione del servizio civile affidata proprio al ministero della Difesa; una notevole disparità nelle pene previste per i reati contro il servizio di leva se commessi da obiettori di coscienza.
La contrarietà non riguarda soltanto i contenuti della legge, ma soprattutto la sua applicazione.
Bisogna attendere cinque anni, ad esempio, perché vedano la luce le norme attuative. È soprattutto la gestione quotidiana del servizio civile da parte della Difesa (a livello centrale, il Ministero, e a livello periferico, i Distretti militari) che crea una vera e propria "guerra" tra Stato, da un lato, e obiettori ed enti convenzionati, dall’altro: domande respinte, ritardi enormi nell’assegnazione in servizio, precettazioni forzate, ritardi nei pagamenti, ecc. A fare le spese di tutto ciò è lo stesso sistema del servizio civile che, tuttavia, si autorganizza e autoregola grazie all’impegno degli enti e degli obiettori, il cui numero continua inarrestabilmente a crescere. La stessa Caritas Italiana, l’ente convenzionato col maggior numero di obiettori di coscienza, è costretta per ben due volte, nel 1986 e nel 1996, a proteste plateali forti contro il ministero della Difesa.
Mentre il Parlamento non riesce ad approvare alcuna riforma della legge del 1972, la Corte Costituzionale interviene per ben otto volte, tra il 1985 e il 1997, con altrettante sentenze per dichiarare l’incostituzionalità di varie parti di quella legge. La prima storica sentenza è quella del 24 maggio 1985, n. 164, con la quale la Corte riconosce la pari dignità tra il servizio militare e il servizio civile: entrambi i servizi, infatti, sono modi diversi per soddisfare il dovere di difesa della patria sancito dalla Costituzione. Nel 1986, la Corte Costituzionale sancisce che l’obiettore in servizio civile non è assoggettabile alla giurisdizione militare, bensì a quella ordinaria, in quanto l’obiettore ammesso al servizio civile perde lo status di militare. Infine, nel 1989 la Corte dichiara incostituzionale la maggiore durata (otto mesi in più) del servizio civile rispetto al servizio militare. In pratica, grazie a questa sentenza, dall’estate del 1989 il servizio civile dura quanto il servizio militare, cioè 12 mesi e, a partire dagli inizi del 1997, 10 mesi. Questa sentenza provoca un vero e proprio "boom" nel numero di domande, con un aumento del 140% di istanze presentate nel 1989 rispetto all’anno precedente; da allora, l’aumento delle domande di obiezione non si arresta, raggiungendo il record delle 120.000 richieste nel 1999.
Un clamoroso episodio della storia dell’obiezione di coscienza nel nostro Paese è quello dell’approvazione della nuova legge sull’obiezione di coscienza che il Parlamento della X Legislatura riesce a compiere nel gennaio 1992. Il 16 gennaio, infatti, il Senato approva a larga maggioranza il testo definitivo della riforma della 772/72, già approvato dalla Camera. Il 1 febbraio il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, rinvia la legge alle Camere accompagnandola con un lungo messaggio nel quale spiega i motivi per cui non promulga la legge e, il giorno dopo, scioglie il Parlamento. Ci sono voluti così altri sei anni per l’approvazione di una nuova legge (l’attuale).
Dal 1998
La XIII Legislatura (1996-2001) riesce finalmente, non senza intoppi, a porre fine all’iter della nuova legge, che viene approvata nel giugno 1998. La legge "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza" viene promulgata dal Presidente della Repubblica l’8 luglio e pubblicata, col numero di legge 230, sulla "Gazzetta Ufficiale" del 15 luglio.
Numerosi i punti qualificanti della nuova legge: il riconoscimento dell’obiezione di coscienza quale diritto soggettivo, l’eliminazione del potere di controllo da parte dello Stato sulla fondatezza delle motivazioni di coscienza, la sottrazione della gestione del servizio civile al ministero della Difesa e la costituzione di un Ufficio ad hoc presso la Presidenza del Consiglio, la drastica riduzione dei tempi di attesa, la possibilità di prestare servizio all’estero, l’obbligo della formazione, l’istituzione di una consulta nazionale rappresentativa di enti e obiettori, l’introduzione di norme disciplinari più chiare e precise, la previsione di campagne informative da parte dello Stato, la possibilità di studiare e sperimentare forme di difesa popolare nonviolenta.
L’attuazione della nuova legge procede a rilento: solo alla fine del 1999, ad esempio, viene emanato il regolamento di organizzazione dell’Ufficio nazionale. Mentre a luglio dello stesso anno il ministero della Difesa stoppa le assegnazioni di nuovi obiettori per mancanza di fondi e il governo è costretto a settembre a stanziare d’urgenza nuove risorse.
Ma il 1999 è anche l’anno in cui il progetto di abolire la leva obbligatoria e di istituire Forze armate esclusivamente professioniste e volontarie comincia a prendere forma. Dopo quasi un anno di iter, nel 2000 il Parlamento approva la legge n. 331 che reca "Norme per l’istituzione del servizio militare professionale", stabilendo la fine della leva obbligatoria a partire dal 2007.
Nel frattempo, il Parlamento discute un altro disegno di legge collegato con la sospensione della leva militare e che approva definitivamente agli inizi del 2001. Si tratta della legge n. 64/2001 che prevede l’"Istituzione del servizio civile nazionale". Grazie ad essa, dopo la sospensione della leva militare, i giovani potranno continuare a svolgere il servizio civile da volontari, mentre nel periodo transitorio anche le donne e i riformati alla leva possono accedervi.
Il 20 dicembre 2001 si apre una nuova pagina del servizio civile in Italia: iniziano il servizio civile le prime ragazze volontarie che, qualche giorno prima, hanno ricevuto l’incoraggiamento dal Presidente della Repubblica nel corso di un convegno all’Accademia dei Lincei a Roma nel quale si è parlato delle "nuove Forze non armate per l’Italia di oggi".
Nel 2002 e 2003, mentre il numero degli obiettori di coscienza in servizio civile si attesta sui 50.000 circa all’anno, cresce il numero dei volontari (il 90% donne) che aderiscono all’invito a prestare un anno di servizio civile, anche grazie a una diffusa campagna informativa che, per la prima volta, il governo promuove su tutto il territorio. Nel 2001 su 396 posti messi a bando sono stati avviati 179 volontari per 19 progetti; nel 2002 su 13.485 posti messi a bando sono stati avviati 5.191 volontari per 1.488 progetti; nel 2003 su 27.085 posti messi a bando sono stati avviati 17.930 volontari per 2.085 progetti.
Con la legge n. 226 del 23 agosto 2004, il Parlamento ha deciso di anticipare la sospensione della leva obbligatoria al 1 gennaio 2005. Nel dicembre 2004 hanno iniziato il loro servizio civile di 10 mesi gli ultimi obiettori di coscienza. Dal 1 gennaio 2005 il servizio civile diventa esclusivamente volontario per ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 28 anni.
La Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, prevede, all’articolo 52, che «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge». Non c’è alcun riferimento alla possibilità di obiettare (cosa che invece è prevista dalle carte costituzionali di alcuni Paesi europei) nonostante il fatto che, durante i lavori della Costituente, allorquando si discute dell’impianto da dare alle Forze Armate, due deputati presentino un emendamento, poi bocciato, volto a introdurre il diritto all’obiezione di coscienza.
I primi due casi di obiezione di coscienza che si verificano in Italia nel dopoguerra sono quelli di Rodrigo Castiello ed Enrico Ceroni, il primo pentecostale, il secondo testimone di Geova. Ma è il caso di Pietro Pinna, proclamatosi nonviolento, a suscitare il primo dibattito nel Paese, nel 1949, sia per l’intervento di alcune personalità a difesa del giovane, come Aldo Capitini (il filosofo perugino promotore, tra l’altro, della prima Marcia Perugia-Assisi nel 1961), sia per alcune pressioni internazionali sul governo italiano. Sempre nel 1949 viene presentato il primo progetto di legge per il riconoscimento giuridico dell’obiezione, a firma dei deputati Calosso (socialista) e Giordani (democristiano).
Negli anni Cinquanta si hanno altri casi di obiezione, per lo più di matrice religiosa e anarchica: il carcere resta l’unica strada per chi obietta al servizio militare. Nel 1955, don Primo Mazzolari pubblica anonimo il suo Tu non uccidere. Negli anni Sessanta si verifica una svolta: la presa di posizione di alcuni ambienti cattolici. Comincia nel 1962 Giuseppe Gozzini, il primo obiettore cattolico, la cui obiezione scatena un ampio dibattito e in difesa del quale si schiera Padre Ernesto Balducci, che subisce anche un processo e la condanna nel 1963. Due anni dopo tocca a don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, prendere le difese degli obiettori di coscienza e subire una condanna e un processo: la sua Lettera ai giudici rimane un documento limpido e ancora attuale. Nel frattempo, al "laboratorio fiorentino della pace" partecipa attivamente anche il sindaco Giorgio La Pira che, convinto e instancabile pacifista, nel 1961 fa proiettare il film "Non uccidere" del francese Autant-Lara, che narra una vicenda di obiezione di coscienza e la cui distribuzione è stata vietata dalla censura. Così, mentre anche all’interno della comunità cristiana, seppur a fatica, si allarga il dibattito, il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et spes del 1965, auspica leggi giuste ed umane da parte degli Stati nei confronti degli obiettori.
Anche il Parlamento comincia ad occuparsi dell’argomento con varie proposte di legge che vengono presentate, ma l’unico risultato è l’approvazione della cosiddetta "legge Pedini" nel 1966 che consente il servizio volontario internazionale nei paesi del terzo mondo valido ai fini degli obblighi di leva. Alla fine degli anni Sessanta si verifica un clamoroso caso di rifiuto di massa del servizio militare: centinaia di giovani residenti nella Valle del Belice, la zona siciliana distrutta dal terremoto del 1968, rifiutano di presentarsi in caserma per protesta nei confronti dello Stato. Nel 1971, grazie anche alle pressioni dell’opinione pubblica, dei movimenti pacifisti (nel 1969 si costituisce la Lega per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e nel 1973 la Lega Obiettori di Coscienza) e del Partito Radicale, il Senato approva un testo di legge che tuttavia non viene approvato dalla Camera per lo scioglimento anticipato del Parlamento.
Dal 1972
Intanto cresce il numero di giovani che preferiscono il carcere all’arruolamento nelle Forze armate. Sono diventati oltre 150 e comincia a costituire un "caso umanitario" la soluzione della loro situazione. Con questa motivazione, il 15 dicembre 1972, dopo un rapido e superficiale dibattito, viene approvata la cosiddetta "legge Marcora" (dal nome del deputato democristiano firmatario di una proposta) che ha come effetto immediato, alla vigilia del Natale, quello di schiudere le porte del carcere per quanti vi sono stati rinchiusi in quanto obiettori. Una decisione storica: nella legislazione italiana entra la possibilità di non accettare l’arruolamento nelle Forze Armate in nome del rifiuto delle armi e di sostituire il servizio militare con un servizio civile.
L’approvazione delle legge non incontra il favore di molti, a causa dei tanti punti criticabili della nuova legge. Infatti, nella legge 772/72 l’obiezione non si configura come un diritto soggettivo bensì come un "beneficio" concesso dallo Stato a determinate condizioni e con determinate conseguenze. Da questa impostazione di fondo deriva: il potere del ministero della Difesa di respingere la domanda di obiezione, dietro parere di una commissione chiamata a indagare la sincerità delle motivazioni addotte dall’obiettore (commissione subito ribattezzata dagli obiettori "tribunale delle coscienze"); la mancanza di tempi certi per l’espletamento delle formalità burocratiche da parte dell’Amministrazione della Difesa; la durata del servizio civile di otto mesi più lunga del servizio militare, con un’evidente carattere punitivo nei confronti degli obiettori; la gestione del servizio civile affidata proprio al ministero della Difesa; una notevole disparità nelle pene previste per i reati contro il servizio di leva se commessi da obiettori di coscienza.
La contrarietà non riguarda soltanto i contenuti della legge, ma soprattutto la sua applicazione.
Bisogna attendere cinque anni, ad esempio, perché vedano la luce le norme attuative. È soprattutto la gestione quotidiana del servizio civile da parte della Difesa (a livello centrale, il Ministero, e a livello periferico, i Distretti militari) che crea una vera e propria "guerra" tra Stato, da un lato, e obiettori ed enti convenzionati, dall’altro: domande respinte, ritardi enormi nell’assegnazione in servizio, precettazioni forzate, ritardi nei pagamenti, ecc. A fare le spese di tutto ciò è lo stesso sistema del servizio civile che, tuttavia, si autorganizza e autoregola grazie all’impegno degli enti e degli obiettori, il cui numero continua inarrestabilmente a crescere. La stessa Caritas Italiana, l’ente convenzionato col maggior numero di obiettori di coscienza, è costretta per ben due volte, nel 1986 e nel 1996, a proteste plateali forti contro il ministero della Difesa.
Mentre il Parlamento non riesce ad approvare alcuna riforma della legge del 1972, la Corte Costituzionale interviene per ben otto volte, tra il 1985 e il 1997, con altrettante sentenze per dichiarare l’incostituzionalità di varie parti di quella legge. La prima storica sentenza è quella del 24 maggio 1985, n. 164, con la quale la Corte riconosce la pari dignità tra il servizio militare e il servizio civile: entrambi i servizi, infatti, sono modi diversi per soddisfare il dovere di difesa della patria sancito dalla Costituzione. Nel 1986, la Corte Costituzionale sancisce che l’obiettore in servizio civile non è assoggettabile alla giurisdizione militare, bensì a quella ordinaria, in quanto l’obiettore ammesso al servizio civile perde lo status di militare. Infine, nel 1989 la Corte dichiara incostituzionale la maggiore durata (otto mesi in più) del servizio civile rispetto al servizio militare. In pratica, grazie a questa sentenza, dall’estate del 1989 il servizio civile dura quanto il servizio militare, cioè 12 mesi e, a partire dagli inizi del 1997, 10 mesi. Questa sentenza provoca un vero e proprio "boom" nel numero di domande, con un aumento del 140% di istanze presentate nel 1989 rispetto all’anno precedente; da allora, l’aumento delle domande di obiezione non si arresta, raggiungendo il record delle 120.000 richieste nel 1999.
Un clamoroso episodio della storia dell’obiezione di coscienza nel nostro Paese è quello dell’approvazione della nuova legge sull’obiezione di coscienza che il Parlamento della X Legislatura riesce a compiere nel gennaio 1992. Il 16 gennaio, infatti, il Senato approva a larga maggioranza il testo definitivo della riforma della 772/72, già approvato dalla Camera. Il 1 febbraio il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, rinvia la legge alle Camere accompagnandola con un lungo messaggio nel quale spiega i motivi per cui non promulga la legge e, il giorno dopo, scioglie il Parlamento. Ci sono voluti così altri sei anni per l’approvazione di una nuova legge (l’attuale).
Dal 1998
La XIII Legislatura (1996-2001) riesce finalmente, non senza intoppi, a porre fine all’iter della nuova legge, che viene approvata nel giugno 1998. La legge "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza" viene promulgata dal Presidente della Repubblica l’8 luglio e pubblicata, col numero di legge 230, sulla "Gazzetta Ufficiale" del 15 luglio.
Numerosi i punti qualificanti della nuova legge: il riconoscimento dell’obiezione di coscienza quale diritto soggettivo, l’eliminazione del potere di controllo da parte dello Stato sulla fondatezza delle motivazioni di coscienza, la sottrazione della gestione del servizio civile al ministero della Difesa e la costituzione di un Ufficio ad hoc presso la Presidenza del Consiglio, la drastica riduzione dei tempi di attesa, la possibilità di prestare servizio all’estero, l’obbligo della formazione, l’istituzione di una consulta nazionale rappresentativa di enti e obiettori, l’introduzione di norme disciplinari più chiare e precise, la previsione di campagne informative da parte dello Stato, la possibilità di studiare e sperimentare forme di difesa popolare nonviolenta.
L’attuazione della nuova legge procede a rilento: solo alla fine del 1999, ad esempio, viene emanato il regolamento di organizzazione dell’Ufficio nazionale. Mentre a luglio dello stesso anno il ministero della Difesa stoppa le assegnazioni di nuovi obiettori per mancanza di fondi e il governo è costretto a settembre a stanziare d’urgenza nuove risorse.
Ma il 1999 è anche l’anno in cui il progetto di abolire la leva obbligatoria e di istituire Forze armate esclusivamente professioniste e volontarie comincia a prendere forma. Dopo quasi un anno di iter, nel 2000 il Parlamento approva la legge n. 331 che reca "Norme per l’istituzione del servizio militare professionale", stabilendo la fine della leva obbligatoria a partire dal 2007.
Nel frattempo, il Parlamento discute un altro disegno di legge collegato con la sospensione della leva militare e che approva definitivamente agli inizi del 2001. Si tratta della legge n. 64/2001 che prevede l’"Istituzione del servizio civile nazionale". Grazie ad essa, dopo la sospensione della leva militare, i giovani potranno continuare a svolgere il servizio civile da volontari, mentre nel periodo transitorio anche le donne e i riformati alla leva possono accedervi.
Il 20 dicembre 2001 si apre una nuova pagina del servizio civile in Italia: iniziano il servizio civile le prime ragazze volontarie che, qualche giorno prima, hanno ricevuto l’incoraggiamento dal Presidente della Repubblica nel corso di un convegno all’Accademia dei Lincei a Roma nel quale si è parlato delle "nuove Forze non armate per l’Italia di oggi".
Nel 2002 e 2003, mentre il numero degli obiettori di coscienza in servizio civile si attesta sui 50.000 circa all’anno, cresce il numero dei volontari (il 90% donne) che aderiscono all’invito a prestare un anno di servizio civile, anche grazie a una diffusa campagna informativa che, per la prima volta, il governo promuove su tutto il territorio. Nel 2001 su 396 posti messi a bando sono stati avviati 179 volontari per 19 progetti; nel 2002 su 13.485 posti messi a bando sono stati avviati 5.191 volontari per 1.488 progetti; nel 2003 su 27.085 posti messi a bando sono stati avviati 17.930 volontari per 2.085 progetti.
Con la legge n. 226 del 23 agosto 2004, il Parlamento ha deciso di anticipare la sospensione della leva obbligatoria al 1 gennaio 2005. Nel dicembre 2004 hanno iniziato il loro servizio civile di 10 mesi gli ultimi obiettori di coscienza. Dal 1 gennaio 2005 il servizio civile diventa esclusivamente volontario per ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 28 anni.