Home Page » Cosa puoi fare tu » Servizio civile » 40 anni di obiezione di coscienza e di servizio civile in Caritas
Documenti (pdf):
- Convenzione 10 giugno 1977
- 40 anni di obiezione in Caritas Italiana
- Testimonianza Alfredo Remedi
- Testimonianza mons. Giuseppe Pasini
- Articolo mons. Pasini (1977)
- Articolo mons. Pasini (1996)
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Venerdì 9 Giugno 2017
Il 10 giugno 1977, 40 anni fa, Caritas Italiana firmava la convenzione con il Ministero della Difesa per la gestione dei suoi primi obiettori di coscienza al servizio militare, che entreranno in servizio il successivo 15 settembre. Tra i primi due Alfredo Remedi, della Caritas diocesana di Genova, che racconta in questo articolo (pdf) la sua esperienza. Da allora sono stati quasi 100.000 i giovani obiettori in servizio civile nelle Caritas diocesane, cui si aggiungono dal 2001 oltre 10.000 ragazzi e ragazze del nuovo servizio civile nazionale.
Mons. Giuseppe Pasini, dal 1986 al 1996 Direttore di Caritas Italiana, racconta in un articolo (pdf) che «fu nella Presidenza del 14 gennaio 1976 che si parlò per la prima volta in Caritas Italiana di obiezione di coscienza. [...] Nei mesi successivi giunsero alla Caritas Italiana varie sollecitazioni dal Sottosegretario della CEI, mons. Gaetano Bonicelli, per assumere questo impegno nell’ambito della Chiesa, anche per evitare che il fenomeno restasse un'esclusiva delle forze "laiche"».
"Italia Caritas", nel numero di questo giugno/luglio (pdf), riporta le parole di mons. Giovanni Nervo, all'epoca Vice-presidente di Caritas Italiana, che ricordava come «Ciò che ci spinse a quella decisione fu il Convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976. Nella sesta Commissione, che aveva come tema “Evangelizzazione, promozione umana e i problemi degli emarginati in Italia”, tra gli animatori c’era monsignor Giuseppe Pasini. Fu lui che portò all’assemblea generale questa mozione: "La Commissione chiede al Convegno di fare propria la proposta di farsi carico della promozione del servizio civile sostitutivo di quello militare nella comunità italiana, come scelta esemplare e preferenziale dei cristiani, e di allargare la proposta di servizio civile anche alle donne". L’assemblea – un migliaio di delegati e un centinaio di vescovi – accolse la proposta con un lunghissimo applauso. Comprendemmo: "Vox populi, vox Dei". Così Caritas avviò la pratica per la convenzione».
«Nel secondo Convegno Nazionale del Volontariato, promosso dalla Caritas Italiana il 18-20 novembre 1976 - racconta sempre mons. Pasini -, il tema ritornò sotto altra forma, come mozione finale: “I 300 partecipanti al II Convegno Nazionale su 'Volontariato, partecipazione, servizi sociali sul territorio’ tenuto a Sassone (Roma) i partecipanti auspicano che i gruppi di volontariato e tutte le Istituzioni interessate al problema promuovano l’ampliamento del servizio civile alternativo, non soltanto come rifiuto del militarismo, ma anche come forma opzionale di servizio alla comunità, prendendo iniziative perché attraverso una adeguata riforma della legge istitutiva venga tolto ad essa il senso punitivo e sia perciò ridotto alla misura del normale servizio militare”. Nell'estate del ‘77 la Caritas Italiana tenne a Palidoro (Roma) un seminario di studio per approfondire le modalità di realizzazione della Convenzione: vi parteciparono vari organismi di volontariato (Capodarco, don Picchi per il Ceis, ecc.) e anche funzionari Ministero della Difesa».
Il 10 giugno 1977 venne stipulata la Convenzione per i primi due obiettori: l'atto formale reca la firma del Vice-Direttore Generale della Leva, M. Pizzullo, e del Vice-Presidente della Caritas Italiana, mons. Giovanni Nervo. La convenzione era dunque era avviata. La formazione degli obiettori fu la prima preoccupazione di Caritas Italiana: «gli obiettori dovevano essere considerati non “manovali” per servizi ai poveri, ma giovani impegnati a rafforzare la propria personalità umana e cristiana, attraverso il servizio, l'interiorizzazione del valore della pace. Nel tempo, questo importante aspetto si è andato progressivamente meglio articolando: dai convegni e corsi nazionali di formazione si è passati a quelli regionali e diocesani, sia per il numero obiettori che man mano aumentava sia perché le stesse Caritas diocesane venivano investite in pieno anche di questa dimensione formativa dell'esperienza. In questo ambito, rientrano pure le numerose pubblicazioni e i sussidi specifici che la Caritas Italiana e le Caritas Diocesane hanno prodotto in questi anni, così come i convegni e le altre occasioni di studio e approfondimento, nonché la pubblicazione, a partire dal 1980, di una rivista bimestrale particolarmente dedicata agli obiettori Caritas», concludeva nel suo articolo mons. Pasini.
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