«Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (Giovanni. 4,20). Questo versetto, tratto dalla prima lettera di Giovanni, esclude la coesistenza tra fede e indifferenza verso il prossimo. Come ha sottolineato più volte Papa Francesco, oggi l’opposto più quotidiano all’amore di Dio, alla compassione di Dio, è infatti l’indifferenza.
Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. L’ascolto genera l’incontro che, a sua volta, genera condivisione. Ascoltare, accogliere e accompagnare una persona significa permetterle di esprimere tutta l'umana ricchezza della sua unicità.
Non è eresia, né tantomeno buonismo, ma è bontà spirituale ascoltare gli ultimi, tutti gli abitanti delle “periferie esistenziali”: l'affamato, l'ammalato, il povero, il bisognoso “scartato”, e anche lo straniero.
Tutte le società esprimono valori collettivi, come la difesa della comunità e dell’identità, ma questi non si oppongono alla possibilità di un amore che supera le distanze geografiche e culturali, dunque, verso una collettività più estesa.
La reciprocità, non l’indifferenza, è infatti l’unica via per realizzare società pacifiche e inclusive in cui la condivisione non è rinuncia ai propri usi e valori, ma è dialogo con l’intera famiglia umana.