Home Page » Area Stampa » News » 2020 » Maggio » 9 maggio, festa dell'Europa. Per un'Europa solidale e coesa
Sabato 9 Maggio 2020
Nella giornata dedicata all’Europa, durante la quale ricorre il 70° anniversario della Dichiarazione di Robert Shuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, che annunciava il 9 maggio del 1950 la nascita di una Comunità radicalmente nuova nei principi che la ispiravano e la guidavano, vogliamo lanciare un appello affinché le sue parole "La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”, oggi, nel pieno dell’attuale emergenza Covid-19, vengano rilanciate e fatte proprie da ciascuno di noi.
L’Europa si trova a dover affrontare un nuovo pericolo la cui drammaticità non mette meno a rischio la sua coesione e il suo futuro. E’ una crisi le cui conseguenze saranno egualmente devastanti – se non adeguatamente governate - per l’insieme della società europea, soprattutto sulle fasce più deboli nelle nostre comunità. Oggi, dopo settanta anni di progressiva integrazione, che dovrebbero averci resi più consapevoli della necessità di dover fronteggiare uniti la sfida della pandemia, invece registriamo l’emergere di una cultura della chiusura, della difesa degli interessi particolari, dell’esclusione che rischiano di mettere in crisi i valori fondanti a cui si ispira l’Europa: pace, solidarietà e democrazia.
Nell’attuale drammatica situazione che sta vivendo il nostro paese e il continente europeo occorre ribadire, una volta in più, l’importanza di far riferimento ai valori più alti e profondi, con una capacità propositiva e lungimirante, che ci porta a rilanciare il progetto Europeo, utilizzando la pandemia come un’opportunità per un’integrazione europea centrata sui valori comuni a tutti gli Europei. Un Progetto nel quale la solidarietà, l’attenzione alla “cura della fragilità dei popoli e delle persone in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla cultura dello scarto” abbia il sopravvento, come ci ricorda spesso Papa Francesco. Lo stesso Schuman, ribadiva che i pilastri su cui avrebbe retto l’Europa erano la solidarietà e le comuni radici cristiane. Ed è la “solidarietà” che sta venendo meno, che vede una spaccatura tra i paesi europei nella gestione di questa nuova crisi sanitaria, sociale ed economica.
Più volte Caritas Italiana ha ribadito che è più che mai urgente confrontarci sulle politiche e sulle scelte europee; le istituzioni e i governi devono essere più consapevoli dei cambiamenti che stanno modificando i nostri territori. E che pongono in maniera ancora più pressante la domanda su come affrontarle e quindi come offrire risposte adeguate a questo tempo. Se è vero che la realtà è superiore all’idea, come ricorda Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, non siamo noi a scegliere su che cosa orientare azioni e impegni, ma è il grido dei popoli che deve indicarci le priorità. Da qui anche l’esortazione ad individuare strade e percorsi nuovi per garantire a quanti vivono o giungono in Europa la capacità di integrazione, dialogo e rinascita per diventare un’unica famiglia di popoli.
Un appello che rilanciamo in questi giorni quando i diversi Governi europei devono assumere scelte importanti per il futuro dell’Europa, dalle misure per fronteggiare la pandemia all’approvazione del prossimo bilancio a lungo termine dell'Unione europea per il periodo 2021-2027. L’Europa non è uno tra i tanti continenti. Ha responsabilità precise e uniche da assumere nei confronti del mondo intero in ordine allo sviluppo umano integrale. Un altro grande europeista, Jacques Delors, ha detto recentemente che ora un “pericolo mortale” per l’Europa è rappresentato dalla “mancanza di solidarietà”. L’Europa deve ritrovare speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi, nello sviluppo e nella pace. Se uno soffre, tutti soffrono: noi lo sappiamo dalla Parola di Dio. Alla politica spetta tale leadership, che eviti di far leva sulle emozioni per guadagnare consenso, ma piuttosto elabori, in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, politiche che facciano crescere tutta quanta l’Unione in uno sviluppo armonico.
L’Europa si trova a dover affrontare un nuovo pericolo la cui drammaticità non mette meno a rischio la sua coesione e il suo futuro. E’ una crisi le cui conseguenze saranno egualmente devastanti – se non adeguatamente governate - per l’insieme della società europea, soprattutto sulle fasce più deboli nelle nostre comunità. Oggi, dopo settanta anni di progressiva integrazione, che dovrebbero averci resi più consapevoli della necessità di dover fronteggiare uniti la sfida della pandemia, invece registriamo l’emergere di una cultura della chiusura, della difesa degli interessi particolari, dell’esclusione che rischiano di mettere in crisi i valori fondanti a cui si ispira l’Europa: pace, solidarietà e democrazia.
Nell’attuale drammatica situazione che sta vivendo il nostro paese e il continente europeo occorre ribadire, una volta in più, l’importanza di far riferimento ai valori più alti e profondi, con una capacità propositiva e lungimirante, che ci porta a rilanciare il progetto Europeo, utilizzando la pandemia come un’opportunità per un’integrazione europea centrata sui valori comuni a tutti gli Europei. Un Progetto nel quale la solidarietà, l’attenzione alla “cura della fragilità dei popoli e delle persone in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla cultura dello scarto” abbia il sopravvento, come ci ricorda spesso Papa Francesco. Lo stesso Schuman, ribadiva che i pilastri su cui avrebbe retto l’Europa erano la solidarietà e le comuni radici cristiane. Ed è la “solidarietà” che sta venendo meno, che vede una spaccatura tra i paesi europei nella gestione di questa nuova crisi sanitaria, sociale ed economica.
Più volte Caritas Italiana ha ribadito che è più che mai urgente confrontarci sulle politiche e sulle scelte europee; le istituzioni e i governi devono essere più consapevoli dei cambiamenti che stanno modificando i nostri territori. E che pongono in maniera ancora più pressante la domanda su come affrontarle e quindi come offrire risposte adeguate a questo tempo. Se è vero che la realtà è superiore all’idea, come ricorda Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, non siamo noi a scegliere su che cosa orientare azioni e impegni, ma è il grido dei popoli che deve indicarci le priorità. Da qui anche l’esortazione ad individuare strade e percorsi nuovi per garantire a quanti vivono o giungono in Europa la capacità di integrazione, dialogo e rinascita per diventare un’unica famiglia di popoli.
Un appello che rilanciamo in questi giorni quando i diversi Governi europei devono assumere scelte importanti per il futuro dell’Europa, dalle misure per fronteggiare la pandemia all’approvazione del prossimo bilancio a lungo termine dell'Unione europea per il periodo 2021-2027. L’Europa non è uno tra i tanti continenti. Ha responsabilità precise e uniche da assumere nei confronti del mondo intero in ordine allo sviluppo umano integrale. Un altro grande europeista, Jacques Delors, ha detto recentemente che ora un “pericolo mortale” per l’Europa è rappresentato dalla “mancanza di solidarietà”. L’Europa deve ritrovare speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi, nello sviluppo e nella pace. Se uno soffre, tutti soffrono: noi lo sappiamo dalla Parola di Dio. Alla politica spetta tale leadership, che eviti di far leva sulle emozioni per guadagnare consenso, ma piuttosto elabori, in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, politiche che facciano crescere tutta quanta l’Unione in uno sviluppo armonico.
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