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Padova, il tempo dell'ascolto   versione testuale
23 marzo 2020

 Per Padova noi ci siamo. Il “noi” che si mette a disposizione dei concittadini è una rete che parte dal comune e organizza Caritas, diocesi e Ciessevi, oltre ad altre realtà sociali della città, intorno all’obiettivo di continuare a garantire servizi, ed eventualmente potenziarli, a favore di anziani, persone sole, senza dimora e cittadini più fragili. Fin dai primi giorni dell’emergenza – quelli della zona rossa a Vò Euganeo, per intenderci – il pubblico e il privato sociale hanno attivato numeri di telefono e si sono suddivisi i compiti: «In base alle esperienze e professionalità di ciascuno – spiega don Luca Facco, direttore della Caritas diocesana di Padova. – Ad esempio, il comune raccoglie i bisogni dei cittadini più fragili, il Ciessevi si è occupato di coordinare la disponibilità di chi si è offerto volontario, soprattutto per la consegna di spese e pasti agli anziani; noi di Caritas abbiamo preso in carico l’aiuto alle persone senza dimora e in condizioni di povertà. Il vantaggio è che, pur nell’improvvisa complessità della situazione, la rete di collaborazione era già ben strutturata e avviata, quindi è stato più semplice riorganizzare i servizi».

Ovviamente adattandosi alle misure di sicurezza. Il servizio docce per i senza dimora è garantito, ma scaglionando gli ingressi: solo tre persone per volta. Le Cucine economiche popolari, che normalmente servono il pasto a mezzogiorno e sera, ora aprono solo per il pranzo, e per la cena consegnano il cibo take away. «Abbiamo ampliato gli orari del mezzogiorno per aumentare i turni e assicurare la distanza necessaria tra le persone, comunque attualmente abbiamo solo 170 persone che vengono a mangiare, rispetto alle 450 dei tempi normali – continua don Facco. – Tutti coloro che prima venivano perché sono persone sole, in difficoltà, ma comunque hanno una casa, ora non vengono più».

 Assicurato l’ascolto

Le Cucine, in ogni caso, restano aperte. Anche come punto di raccordo di tutte le associazioni locali che si occupano di grave emarginazione, in particolare per coordinare le risposte a chi ha bisogno di un letto per la notte. A metà marzo sono terminate le accoglienze dell’“emergenza freddo”, ma nel frattempo era già subentrata – ancora più pesante – l’emergenza sanitaria. «Abbiamo trovato una cinquantina di posti, suddivisi in due strutture cogestite con due realtà sociali e con il presidio della Croce Rossa, che assicura un minimo di controllo sanitario ogni sera».

Riorganizzazione sembra essere la parola d’ordine comune a tutti i servizi delle Caritas, soprattutto nel nord Italia. Allenati a portare aiuto attraverso il rapporto umano e la presenza fisica, improvvisamente bisogna trovare il modo di farlo virtualmente.

L’indicazione data a tutti i centri di ascolto vicariali è stata allora quella di chiudere gli sportelli aperti al pubblico e di attivare numeri di telefono dedicati: si cambia il modo, ma quello che deve venir assicurato è sempre l’ascolto. «Stiamo cercando di continuare le attività tramite telefono: urgenze come bollette che non si riescono a pagare ci vengono mandate tramite foto, abbiamo iniziato i giri di telefonate a tutti i nostri utenti, i responsabili dei centri si coordinano tramite chat di gruppo – continua don Luca –. Ma ci sono anche sostegni pratici che non possono essere sostituiti dal virtuale, per cui continuiamo a distribuire il pacco viveri a chi ne ha bisogno; abbiamo però organizzato consegne personalizzato e su appuntamento».

 Ciao come stai

Il passaggio dall’incontro fisico al sostegno virtuale, però, rischia di perdere per strada qualcuno. I numeri di telefono attivati per il sostegno a distanza sono stati scritti e appesi sulle porte chiuse dei centri di ascolto, ma nelle condizioni in cui si dovrebbe stare a casa, sono pochi quelli che arrivano fino alla porta a leggere il numero da chiamare. «È per questo che non stiamo ad aspettare che il telefono squilli da solo, ma abbiamo dato indicazioni a tutti centri parrocchiali di essere proattivi e di chiamare tutti quelli che solitamente vengono da noi a chiedere aiuto».

E poi si tenta di arrivare dove gli operatori della Caritas non riescono. Così, è stata chiesta la collaborazione di tutti, lanciando la campagna #ciaocomestai: «Abbiamo invitato tutti i fedeli e i cittadini a impegnarsi a chiamare una persona: un vicino di casa, un parente che non si sente da tanto, un anziano... Non è nulla di straordinario o rivoluzionario, anzi si tratta di un consiglio quasi banale. Eppure – sorride don Luca – molti si sono sentiti chiamati in causa e ci hanno ringraziato per averli sollecitati, perché non ci avevano pensato, e si sono presi questo impegno. L’invito è a sentirsi responsabili di qualcun altro, perché le situazioni di solitudine stanno diventando importanti».

 Marta Zanella