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Cremona, spazio ai medici   versione testuale
24 marzo 2020

Trenta tra medici e infermieri, dal Sud dell’Italia a Cremona, nel cuore dell’emergenza, in uno degli epicentri dei focolai del Covid-19 nel nord Italia. «Li ospitiamo in due strutture diverse, nelle camere prima destinate a parenti e amici di persone ricoverate nei nostri ospedali. Sono professionisti assunti per questi prossimi mesi, poi torneranno nei loro territori, ma saranno di grande aiuto qui. È un piccolo progetto che abbiamo attivato grazie a Caritas Italiana, insieme con la Fondazione San Facio e in collaborazione con l’Azienda sanitaria locale. L’abbiamo chiamato Io avrò cura di te. Ospitiamo gratuitamente i medici, gli infermieri, il personale sanitario, è un progetto che ha un grande significato. Sai cosa ci lascerà come grande insegnamento questa emergenza?».

Don Pier Codazzi, Pierluigi all’anagrafe («ma Pier per tutti, neppure mia mamma mi ha mai chiamato col nome intero»), è il direttore della Caritas di Cremona da pochi mesi. Una storia personale fatta di accoglienza, volontariato, lavoro in rete. «Quando usciremo da questa emergenza, che ci sta segnando tutti – riprende –, avremo imparato un nuovo modo di lavorare insieme, Caritas ed enti pubblici, volontariato e terzo settore. Sapremo riconoscere il valore generativo dei nostri progetti e delle nostre azioni, facendo forse un passo indietro rispetto alla gestione, ma certamente un grande passo in avanti riguardo alla promozione. Che poi è il senso e la missione della Caritas. Visione, promozione. È il messaggio cristiano che si fa profezia. Questo stiamo imparando nelle azioni di tutti i giorni, nel nostro territorio. Unire le forze di tutti è un segno profetico. Un esempio? La grande raccolta fondi per il nostro ospedale, uno sforzo immane che ha messo in moto la grande generosità di Cremona e della sua gente. Una raccolta fondi che ha visto coinvolti tutti, che si è attivata su molti canali differenti, tra i quali certamente anche quello ecclesiale. Il lavoro in rete alimenta la solidarietà».

L’odore delle pecore

Cremona è uno tra i territori più colpiti dall’emergenza sanitaria, una comunità segnata da molte ferite. Il vescovo Antonio Napolioni, che è stato ricoverato per alcuni giorni in ospedale, ha ricevuto la chiamata di papa Francesco. «Intendeva sincerarsi – spiegano dalla Curia – delle condizioni di salute del nostro vescovo, col quale ha scambiato cordialissime battute intorno alle conseguenze dell’essere “pastori con l’odore delle pecore”, chiamati in Cristo alla condivisione reale, e piena di gioie e sofferenze, del popolo di Dio».

Anche a Cremona il virus si è portato via tante persone, tra le quali don Vincenzo Rini, storico presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici. Ha colpito tante persone, famiglie già segnate da fragilità diverse. «La Caritas e le San Vincenzo parrocchiali si sono attivate subito, sin dai primi giorni dell’emergenza. E si sono attivati anche i gruppi di volontariato giovanile come l’associazione Drum Bun. In accordo con l’ente pubblico si sono messe in moto una serie di azioni per garantire interventi mirati a favore dei soggetti più fragili, in particolare degli anziani, oppure di persone in quarantena prive di una rete familiare. C’è infatti la necessità di assicurare servizi primari e fornire a molte persone la spesa, i pasti, i farmaci. Tutto questo certamente nel rispetto delle normative, garantendo la sicurezza di tutti. Anche il pacco viveri che generalmente veniva ritirato presso i centri parrocchiali ora viene consegnato a casa. È un servizio di prossimità essenziale».

E poi c’è la Casa dell’accoglienza della Caritas di Cremona, che ospita più di 250 persone, migranti nella maggior parte. «Abbiamo potenziato – conclude don Pier – i servizi della struttura, sempre nel rispetto di quanto indicato dai decreti. Abbiamo consentito ai nostri ospiti di rimanere anche di giorno all’interno della Casa, per il pranzo e la cena. Abbiamo fatto un grande lavoro di comunicazione per spiegare le norme e come ci si deve comportare. Non è semplice, è un lavoro faticoso, ma cerchiamo di evitare qualsiasi rischio di diffusione del contagio». La carità non si ferma. Neanche davanti al virus.

Stefano Lampertico