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Epicentro Bergamo: «Siamo ancora aperti»   versione testuale
25 marzo 2020

Il vescovo ha detto che quando tutto sarà finito «intoneremo il canto del dolore e del lutto». E lui conferma: «Qui non abbiamo voglia di suonare dai balconi…». Ma rispondendo al cellulare, nemmeno 24 ore dopo la drammatica notte in cui l’esercito ha svuotato di bare la sua città, don Roberto Trussardi concede una risata: «Sì che posso parlare. Almeno mi sgancio da due ore di partita a carte con i miei amici senza dimora…».

Don Roberto è stato malato – una cosa lieve –, ha superato la quarantena e, tornato sul ponte di comando della Caritas diocesana di Bergamo, comunica un’energia serena che ha dell’inverosimile, considerata la cappa di tragedia che ristagna sulla città lombarda, epicentro dell’incubo-Covid. «Ogni sera, alle 6, un intero territorio col patema. Aspetta i dati di contagiati e morti, che continuano a galoppare. Ci sono paesi e valli in cui il tasso di mortalità, rapportato a periodi analoghi, è decuplicato. E muoiono anche persone, ancorché anziane, che sono state e continuavano a essere risorse preziose e riconosciute, nelle rispettive comunità. Il peggio è che non intravediamo spiragli di luce. Faccio fatica, facciamo fatica a dire che andrà tutto bene. Ma – si riprende don Roberto, che è anche viceparroco in città – alziamo lo sguardo a Dio. Molti pregano o sono tornati a pregare. E molti esprimono una responsabilità, una solidarietà, una forza encomiabili, con ritmi di lavoro incredibili per fronteggiare l’emergenza. Siamo gente un po’ chiusa, un po’ rozza, ma composta, tenace. Siamo ancora aperti».

Si sono messi a disposizione

Aperta di certo è la Caritas. Servizi regolamentati, accessi contingentati, tempi rallentati. «Ma, d’accordo con il vescovo, non abbiamo chiuso nessun servizio diocesano. Soprattutto quelli per le persone più povere, più sole, più marginali. Il dormitorio grande, 80 posti, pieno zeppo, con apertura non più solo notturna, ma anche diurna. Idem i due dormitori per donne, 10 posti a testa. Lo stesso il Patronato, opera diocesana da 150 posti. Facciamo controlli sanitari accurati, più volte al giorno. Forse la strada costruisce anticorpi: la cosa bella e incredibile è che, per ora, i nostri ospiti stanno tutti bene…».

Fisicamente congelata, ma riattivata con altri metodi, è la ragnatela degli incontri che si tesse nei 70 centri d’ascolto sparsi nell’estesa e popolosa, 1 milione di anime, diocesi orobica. «Qui abbiamo deciso di sospendere gli incontri in presenza, sin da subito. Difficile garantire condizioni di sicurezza, impossibile esporre i tanti volontari anziani. Ma ho chiesto a tutti di lavorare da remoto, di fare almeno un certo numero di telefonate al giorno, di non mollare persone e famiglie. E poi sono arrivati i giovani, laici e sacerdoti…».

Studenti senza lezioni, preti con gli oratori serrati: si sono messi a disposizione. La mattina dopo la notte dei blindati con le salme da cremare lontano, dal cuore del capoluogo è partita un’altra colonna, che si è sciolta per valli e pianure della Bergamasca: 10 auto, 60 scatoloni di generi di prima necessità, pilotati dai centri d’ascolto locali al domicilio di tante famiglie bisognose. Un piccolo segno, magari, ma un segno tangibilissimo. «Al rientro due giovani volontari mi hanno detto – si inorgoglisce don Roberto –: non pensavamo che la Chiesa facesse questo». Piccoli gesti, senza fanfare: ma la Chiesa c’è. La credibilità che guadagniamo in questi giorni, stando in frontiera con chi soffre e con gli ultimi – chiosa il direttore –, sarà una delle fondamenta del nostro essere Caritas, quando dovremo inevitabilmente ripensarci un po’, dopo la crisi, alle prese con una società che ne uscirà stravolta».

I giovani che si sono messi a disposizione ed esprimono ammirazione, «antidoto ai tanti, insopportabili leoni da tastiera che imperversano anche in questi tempi». E – il cerchio si chiude – «i “nostri” senza dimora: rispettosissimi, discretissimi, collaborativi, nonostante la “reclusione” forzata. Sempre pronti a ringraziare, attenti a stare alle regole, loro che vengono da vite oltre le regole». Non tutto è sudario di sconforto: oggi la morte ha il suo trionfo, nella notte di Bergamo, ma resistono, conclude don Roberto, «piccole cose che rincuorano». Resistono, e annunciano il mattino.

Paolo Brivio