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Lunedì 20 Aprile 2020
Biella, dal dormitorio accoglienza si fa diffusa   versione testuale
26 marzo 2020

 
Biella conta 45 mila abitanti, 180 mila la provincia. Piccola città, ma che non naviga a vista. Nel pieno della bufera epidemica, prova a riprogrammare i servizi, mentre tante forze sono in campo a combattere il virus. Stefano Zucchi è il direttore della Caritas diocesana, subentrato nell’ottobre scorso a don Giovanni Perini, a fianco del quale aveva collaborato nella realizzazione di tanti progetti importanti.
Il nuovo direttore ha dovuto affrontare l’emergenza sanitaria a cominciare, come sempre, dai più fragili. Il dormitorio della Caritas biellese conta 40 posti letto nei periodi di emergenza freddo. Ma quando – scoppiata l’epidemia – la cooperativa sociale che gestiva il servizio non ha potuto continuare a garantirne il funzionamento, la Caritas si è assunta l’onere di assicurare alle persone senza dimora i servizi essenziali. «Abbiamo cercato le soluzioni possibili – racconta Stefano Zucchi – e abbiamo diversificato gli interventi. Tre parrocchie di Biella, Santo Stefano, San Biagio e San Paolo, hanno aperto le porte a 5 persone, assicurando loro la cena e un letto, ma anche l’accoglienza diurna. Tre persone sono state sistemate in appartamenti e altri in case di accoglienza del territorio. In totale abbiamo 17 persone fuori dal dormitorio, in accoglienza diffusa, così l’abbiamo chiamata…».
Altre 18 persone hanno così potuto rimanere nel dormitorio, con margini di spazio più ampi. «Dobbiamo dire grazie alle persone che assistiamo perché abbiamo avuto, mediamente, un’ottima risposta e tutti gli spostamenti li abbiamo concordati insieme a coloro che sono meno fragili e più autonomi. Attualmente nel dormitorio sono presenti sono tre operatori che aprono la struttura dall’ora di cena. Dopo la cena, dalle 23, c’è un operatore per la notte. Anche gli spazi interni sono stati ripensati, per quanto non sia facile, perché parliamo di una struttura costituita da grandi stanze con tanti letti vicini. Abbiamo ridistribuito la distanza fra i letti in modo da rispettare le misure di sicurezza che le autorità ci hanno indicato, così come rispettiamo tutte le indicazioni per la distribuzione dei pasti, e per l’intera filiera di assistenza».
 
Molti volontari, oggi a casa
Non mancano però, naturalmente, le criticità. A cominciare dalla chiusura del centro di accoglienza nelle ore diurne. A questo si aggiunge il fatto che le autorità comunali hanno chiuso i bagni pubblici in città. «Stiamo cercando una soluzione, perché effettivamente in questo momento il problema maggiore, sul versante della prima assistenza, è l’igiene, garantito solo parzialmente alle persone senza dimora».
Resta invece attiva la mensa, dove chi non ha dimora si ritrova per il pasto di mezzogiorno. «È un luogo anche di socializzazione, soprattutto per quanti sono in dormitorio e non possono essere al coperto nelle ore diurne: le misure di contrasto al contagio da coronavirus siano rispettate, e nello stesso tempo resta un luogo dove le persone si incontrano e possono scambiare qualche parola. E rivedono i volontari che conoscono da tempo».
Alla mensa i volontari sono tuttora in attività; sono impiegati con turni, 4 al giorno. «In tempi normali i volontari da noi non mancano – conteggia Zucchi –; ne abbiamo oltre cento, in maggioranza persone over 60 che fanno molteplici servizi per persone senza dimora, detenute, anziane, malate: accompagnamento sanitario e lavorativo, mensa, emporio, case di accoglienza, corsi nelle carceri, ne abbiamo anche in amministrazione... Ma oggi la maggior parte di loro sono a casa. Attualmente, molti servizi sono fermi, ma l’impegno è non lasciare nessuno solo».
 
Consegne e farmacia
Così, sono state attivate piccole consegne a domicilio. Accompagnamenti urgenti. La farmacia. E resta lo sportello di ascolto, accanto alla mensa, funzionante tutte le mattine, grazie a operatori professionali.
«Ne usufruiscono soprattutto le persone senza dimora, in questi giorni di emergenza. Per esigenze mediche, c’è anche un’infermiera presente. Normalmente lo sportello ha anche un esperto legale, soprattutto rivolto agli stranieri, un’educatrice, una mediatrice e una psicologa. Il nostro impegno è cercare di tutelare tutti, nel rispetto delle differenti situazioni di fragilità. Abbiamo fatto i conti con le forze che abbiamo, erose dall’emergenza sanitaria. E abbiamo deciso che, nonostante tutto, non potevamo fermarci».
 
Daniela Palumbo