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Lunedì 20 Aprile 2020
Rimini, la carica dei 120 nuovi volontari   versione testuale
30 marzo 2020

«Da subito, abbiamo tenuto a casa i volontari over 65, che sono una quarantina. Ma è stato difficilissimo. Per loro era un fallimento, avrebbero continuato»: Mario Galasso dirige la Caritas diocesana di Rimini dal 2014. Sapeva bene che, anche in tempo di Coronavirus, non sarebbe stato facile far stare a casa persone che collaborano stabilmente, sul campo, in media da oltre 10 anni, nell'assistenza alle persone fragili.
Senza di loro, all’inizio è stata dura. «Ci siamo trovati sguarniti nel riorganizzare i servizi di prossimità – ricorda Galasso –. Potevamo contare su pochissimi volontari». A quel punto si è pensato a un appello in rete, attivando tutti i canali social della Caritas riminese. Il giorno dopo c’erano oltre 120 persone che avevano lasciato il proprio recapito e la propria disponibilità. «Ero commosso, davvero – ammette il direttore –. Li ho voluti sentire tutti di persona per capire come e se poter gestire tanta grazia. Ho voluto parlare con ognuno di loro anche per conoscerli, per spiegare qual è il nostro modo di fare volontariato, di stare accanto a chi ha bisogno di consolazione, oltre che di pane».
Il centinaio di volontari hanno una media di 35 anni, alcuni di loro sono persone rimaste senza lavoro proprio a causa dell’emergenza sanitaria. Poi ci sono studenti, disoccupati, persone che hanno esercizi commerciali chiusi in questo periodo. «Fra gli altri, uno dei primi ad aver dato la propria disponibilità è un ragazzo marocchino, che fa l’aiuto cuoco, ha 26 anni e adesso cucina alla nostra mensa. Quando gli ho chiesto il motivo, mi ha detto che, adesso che non lavora, vorrebbe risarcire con il lavoro volontario il paese che tanto bene l’ha accolto. Mi ha fatto effetto».
 
In cerca di un albergo
I servizi in cui sono impegnati sono diversi e, data l’abbondanza del numero, la Caritas ha deciso di contingentare le presenze. Si fanno i turni, insomma, per non essere in troppi. «Uno dei servizi storici che abbiamo mantenuto e rafforzato è il cosiddetto GiroNonni. Cioè la consegna del pasto caldo agli anziani non autonomi. Sei volontari consegnano da mangiare, lasciando la busta sull’uscio di casa, una sessantina di persone lo ricevono tutti i giorni. Il nostro Refettorio, che serviva quotidianamente i pasti alle persone senza dimora e povere, è invece sospeso. Ma qui i volontari continuano a cucinare sia per la consegna del pasto caldo del GiroNonni, sia per dare da mangiare a chi è in strada o ha un acuto bisogno alimentare. Se prima si cucinava per un’ottantina di persone, oggi lo facciamo per 120. Perché ai poveri cosiddetti cronici purtroppo si sono aggiunte le persone che avevano già un’economia familiare fragile e con le conseguenze del Covid19 hanno perso ogni mezzo di sussistenza».
Le criticità, certo, non mancano. Il comune ha sospeso l’erogazione dell’acqua delle fontanelle pubbliche, la Caritas con il pasto consegna anche bottiglie di acqua. Ma resta un problema anche l’igiene delle persone senza dimora. Perché il dormitorio ha chiuso. «Era una struttura vecchia, che non può rispondere ai criteri della sicurezza sanitaria in corso – spiega il direttore Galasso -. Era tutto in un fazzoletto: i letti, le docce, la mensa. A Rimini contiamo circa 300 persone senza dimora, e per loro al momento abbiamo potuto conservare solo i servizi di seconda accoglienza, come i pasti appunto. Per questo, insieme ad altre associazioni del territorio, abbiamo fatto un appello in rete, affinché si possa sfruttare uno degli alberghi o pensioni, numerosissimi, che sono vuoti, per allestire stanze per i senza dimora che continuano a restare in strada. Così come abbiamo chiesto al comune e alla prefettura di allestire un modulo docce per l’igiene delle persone; potrebbe farlo la Protezione Civile e noi abbiamo offerto lo spazio antistante la Caritas per allestire il modulo. Al momento non abbiamo risposte, ma continueremo a chiedere a chi di dovere».
 
Daniela Palumbo