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Caserta: volontari oltre i reati, emergenza in varie lingue   versione testuale
1 aprile 2020

«Tutti stanno lavorando, ciascuno è corresponsabile. Qui facciamo in modo che ogni persona che ci è affidata si possa rendere utile secondo le capacità che ha. Ognuno può essere protagonista del proprio riscatto». In mezzo a tante voci di dolore, quella di don Antonello Giannotti, direttore della Caritas diocesana di Caserta, è carica di energia. E, forse, anche di fiducia.
Sarà che a Caserta città la bestia invisibile non ha (ancora) attaccato forte, e si spera non lo faccia – al 26 marzo, risultavano 14 persone positive e solo una deceduta –, ma per don Antonello «la città si sta rivelando virtuosa, pochissimi escono di casa, le strade sono vuote. Il comune in questo momento è abbastanza ordinato».
Anche a Casa Emmaus, casa di accoglienza per senza dimora della Caritas, stanno rispondendo tutti bene. La scelta è stata di trasformare quella che normalmente è solo un’accoglienza notturna in un alloggio a tempo pieno, in cui al momento abitano 25 persone. Sono ospitate in due reparti, uno maschile e l’altro per le donne, per permettere loro di avere un posto in cui “restare a casa”.
Gli operatori hanno cercato di strutturare la giornata con momenti organizzati, in modo da alleggerire lo scorrere del tempo: tutti sono «coinvolti e corresponsabili nella gestione della casa, dalle pulizie alla cucina; ci sono psicologi disponibili all’ascolto e anche solo a fare a una chiacchierata, ci sono gli spazi per il relax, come la sala tv e anche un bel giardino – spiega don Antonello –. Osserviamo comunque tutte le regole previste, abbiamo dato a ciascuno un kit di igiene personale e un certo numero di mascherine e guanti».
 
Continuano a esistere gli altri malati
Per Casa Emmaus è scattata anche la solidarietà da parte di alcuni esercizi pubblici, che riforniscono la struttura di pasti già preparati e pizze a titolo gratuito.
E poi ci sono i volontari. Tra loro, alcune persone che hanno commesso reati e stanno scontando la loro pena nella forma alternativa della “messa alla prova”, in affido alla Caritas casertana. Si tratta di circa 40 persone, ospitate normalmente in quattro comunità e in alcuni appartamenti di proprietà delle parrocchie: svolgono lavori socialmente utili, dalle pulizie all’amministrazione a servizi di accoglienza. «Cosa fanno? Dipende dalle loro competenze – risponde pratico don Giannotti –. Il nostro compito è anche aiutarli a rendersi utili, facendo fruttare i loro talenti». Come insegna il Vangelo, d’altronde. «C’è un uomo che sa suonare la chitarra e, prima di questo stop, stava tenendo lezioni di musica ai ragazzi in oratorio. Ora le cose sono diverse. Alcuni danno una mano in Casa Emmaus, qualcuno sta accompagnando alcuni malati non Covid all’ospedale di Napoli. Perché continuano a esistere anche gli altri malati, no? Ci sono quelli che sono malati di tumore e devono continuare a fare le loro terapie, non ce lo dimentichiamo».
No, alla Caritas non si sono dimenticati che ci si continua ad ammalare anche di altro, e in questo periodo chi ha altri disturbi, dolori o malattie non sa a chi rivolgersi, nel timore di intasare una rete già sovraccarica. Così hanno attivato, in collaborazione con il Rotary locale, una rete di ascolto telefonico a cui rispondono 15 medici specialistici per un consulto. «C’è chi continua a soffrire di mal di pancia, o di mal di testa, e anche lui ha bisogno di un medico. Poi, a dire la verità, c’è chi chiama anche solo perché ha bisogno di parlare, parlare, parlare…». 
 
Mascherine in abbondanza
L’assistenza ai più fragili non avviene solo tramite il telefono. Molte parrocchie si sono subito organizzate per assistere a domicilio anziani e disabili, sia per bisogni sanitari, sia per quelli alimentari. In convenzione con il Banco Alimentare, si preparano e distribuiscono anche i pacchi alimentari grazie ai volontari, e la Caritas diocesana ha fornito a tutti mascherine e guanti. Quello che in questo momento in tutta Italia sembra difficile da trovare, alla Caritas di Caserta non manca: «Siamo stati fortunati. Qui vicino ha da poco chiuso una ditta che si occupava di sicurezza e quando ha liquidato ha donato questi materiali alla Caritas. Grazie a loro possiamo operare in sicurezza, ma non solo: abbiamo appena portato una grossa parte di questo materiale all’Ospedale Civile di Caserta, per consentire anche a loro di lavorare sicuri».
in più, alla parrocchia del Buon Pastore, dove don Antonello è parroco, da tempo era stato attivato un corso di taglio e cucito: «Ho messo al lavoro anche maestre e corsiste, stanno realizzando mascherine lavabili da distribuire gratuitamente a famiglie povere e clochard».
Insomma, tutti cercano di fare la loro parte. Anche le comunità di migranti, che normalmente collaborano con la Caritas nel progetto Harambee – che fa accompagnamento sociale, amministrativo e formativo agli stranieri e alle loro famiglie – sono impegnate sul fronte dell’emergenza Coronavirus. «Abbiamo fornito anche a loro i kit per l’igiene della persona e della casa, abbiamo realizzato insieme diversi filmati in diverse lingue traducendo le regole di comportamento, informazioni sulla malattia e i rischi. Da noi ci sono soprattutto comunità provenienti da diversi paesi africani – Ghana, Congo, Zambia, Kenya... Come noi, sono spaventati da questa malattia. Ma c’è anche molta solidarietà e aiuto: noi europei parliamo sempre di relazioni, loro le vivono». 

Marta Zanella