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Lunedì 20 Aprile 2020
Tricarico combatte anche la solitudine   versione testuale
2 aprile 2020

La diocesi di Tricarico, in provincia di Matera, conta 32 mila abitanti, solo Tricarico ne ha 6 mila. In questo lembo di Basilicata l’emergenza sanitaria è ancora abbastanza contenuta; al 25 marzo i contagi conclamati erano 51. Ma le cose possono mutare in fretta…
Immediatamente gravi sono state invece le conseguenze economiche della crisi sanitaria. Il territorio è abitato per lo più da anziani. «Abbiamo subito avvertito i graffi della crisi economica – afferma don Giuseppe Molfese, direttore della Caritas diocesana -. Tante persone hanno perso il posto di lavoro, o sono ferme e senza reddito a causa della chiusura forzata di servizi, negozi, alberghi. Ci sono badanti e colf senza lavoro, ristoratori, camerieri stagionali, commercianti, braccianti. Qui molte famiglie sono monoreddito e se manca quell’unico stipendio si va subito in difficoltà. Abbiamo avviato un servizio di consegna pasti per queste persone, che si sommano agli anziani non autonomi. Al momento consegniamo oltre 80 pasti al giorno con i nostri volontari. Ma dovremo ben presto aumentarli».
Poi ci sono stati gli esodi dal nord Italia. «Io personalmente ho ritenuto giusto, almeno in alcuni casi, che le persone in questa situazione facessero ritorno a casa. Si tratta di studenti, di persone che lavorano al nord ma che si ricongiungono alle famiglie non avendo più il lavoro né lo studio da proseguire. Molti di loro avrebbero dovuto continuare a pagare affitti e spese chissà per quanto tempo. Per loro abbiamo pensato a una struttura attrezzata. Si tratta dell’ex convento Oasi del Carmelo. Dodici stanze singole con bagno in camera. Qui le persone hanno fatto la quarantena, e poi man mano che finivano i 14 giorni, sono rientrati nelle case dei genitori e delle famiglie».
 
Dimensione di paese
Restano i servizi del centro di ascolto, diventati quasi totale appannaggio degli anziani soli, che cercano ascolto e conforto al telefono. «Abbiamo due professioniste, psicoterapeute, che lavorano da casa fornendo un servizio che è diventato importantissimo. Anche più di prima. I nostri anziani sono soli e chiusi in casa avvertono l’esclusione totale dalla vita, perché non vedono neppure i familiari. Non sono abituati, perché la nostra è una dimensione di paese in cui tutti si conoscono. Adesso stanno soffrendo come mai prima la solitudine. Abbiamo attivato un numero verde gratuito, riceviamo oltre 60 telefonate al giorno al nostro Sportello Ascolto».
La Caritas di Tricarico, fra le altre cose, ha ripensato anche un servizio di prevenzione e informazione sanitaria, l’Infermiere di Comunità, in collegamento con la Asl del territorio. «L’Infermiere di Comunità – spiega don Molfese – è nato in questo territorio in via sperimentale da un progetto Cei, seguito in particolare dalla Pastorale della salute: si tratta di un servizio domiciliare sanitario per le persone che vivono lontane dal centro. Tricarico, insieme ad Alba e a Roma, ha accolto da subito questa sperimentazione, perché il nostro è un territorio poco abitato, ma molto esteso, con molte abitazioni, e dunque famiglie, decentrate. Il servizio ci ha consentito di raggiungere i geograficamente “lontani” a domicilio, ma non solo: venivano forniti anche ascolto e informazione, tutto in collaborazione con le Asl. Ma adesso i servizi domiciliari sono sospesi. Allora abbiamo preparato brochure che spiegano in modo dettagliato i comportamenti da tenere per prevenire il contagio da Covid 19. Inoltre, in collaborazione con la Protezione civile abbiamo chiesto agli infermieri in pensione di aiutare nei pronto soccorso. Hanno risposto al nostro appello tre nostri volontari infermieri e un medico, mettendosi da subito a disposizione».
 
Devi fermarti e spiegare
A Tricarico non c’è il problema, che ogni giorno diventa più grave nelle città, delle persone senza dimora che restano in strada. La diocesi ha una struttura storica, la Casa della Solidarietà, che in questo momento ospita due detenuti del carcere di Potenza. «Avrebbero dovuto scontare agli arresti domiciliari il rimanente della pena, ma non avendo una abitazione sono ospitati nella nostra Casa. Si tratta di un cittadino albanese e un tunisino, di 41 e 45 anni».
In un territorio dove la prossimità è data anche dalla configurazione della vita di paese, gli anziani patiscono molto la situazione di isolamento. «Molti di loro non hanno capito bene cosa succede. È fuori dalla loro visione del mondo. Faticano a maturare la percezione del pericolo, e più sono anziani più la difficoltà è grande. Dobbiamo anche dire che in alcuni casi si tratta di persone che non sanno leggere e scrivere. E allora non puoi inviargli materiale informativo. Devi fermarti a spiegare: perché non possono uscire, perché non possono andare in chiesa, o a fare la spesa. Quando il pericolo è invisibile e silenzioso è più difficile da comprendere».
 
Daniela Palumbo