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Lunedì 20 Aprile 2020
Roma, la carità si è reinventata   versione testuale
4 aprile 2020

«L’emergenza sanitaria ci ha spinto ad agire su tre fronti. Il primo è certamente quello legato alla riorganizzazione dei servizi di accoglienza per le persone più povere». Don Benoni “Ben” Ambarus è il direttore della Caritas diocesana di Roma. Da quando i decreti del governo hanno esteso anche alla capitale le misure di contenimento dell’epidemia da Coronavirus, anche a Roma, come nelle altre diocesi italiane, la Caritas si è trovata in un certo senso in prima linea. E non ha mancato di reinventare i propri servizi. Che non ha voluto chiudere.
Un grande impegno è dedicato alle persone senza dimora. «Con i Frati minori francescani delle comunità di Torre Angela e del Palatino, della Provincia di San Bonaventura di Abruzzo e Lazio, abbiamo creato un centro di accoglienza straordinario presso la Fraterna Domus di Sacrofano». La struttura si è aggiunta ai quattro centri di accoglienza diocesani per homeless: l’ostello“Don Luigi Di Liegro” alla Stazione Termini, la casa di accoglienza “Santa Giacinta” alla Cittadella della carità, il centro di accoglienza “Gabriele Castiglion” a Ostia, infine il centro per il Piano freddo a Ponte Casilino. «Con la dislocazione a Sacrofano di 90 persone provenienti dagli altri centri, in particolare dal dormitorio alla stazione – spiega don Ambarus –, si riuscirà a consentire agli ospiti la permanenza nelle strutture per l’intero arco delle 24 ore. Inoltre, grazie alla collaborazione con la Croce Rossa Italiana, abbiamo allestito a Colle Oppio un servizio mensa che oggi ospita mediamente 400 persone a pranzo e cena. Questo della mensa è un servizio molto impegnativo e per il quale abbiamo investito molte risorse. Ma non è mai finita».
L’emergenza alimentare è il secondo fronte sul quale la Caritas romana è fortemente impegnata. «Come ha detto Papa Francesco, la gente oggi comincia ad avere fame – conferma don Ambarus –. Abbiamo messo in piedi una rete di collegamento con le parrocchie, creando piccoli magazzini con scorte alimentari, dai quali i sacerdoti e gli operatori possono attingere. Li abbiamo chiamati presidi territoriali. E con essi, in collaborazione con i supermarket e con gli esercizi commerciali dei diversi territori, abbiamo individuato altri strumenti come il carrello sospeso, la spesa sospesa, invitando le persone che possono fare la spesa senza problemi a donare generi alimentari e di prima necessità per i nostri centri. Stiamo avendo tante risposte e tanti segnali di grande generosità».
 
Sorvola l’emergenza
I fronti dell’emergenza sono naturalmente anche altri, e complessi. Ma lo sguardo della Caritas diocesana di Roma in un certo senso sorvola già l’emergenza, per capire come far fronte alle nuove povertà e ai nuovi bisogni che nasceranno dalla crisi attuale. «A Milano è stato creato il Fondo San Giuseppe per le persone e le famiglie che si troveranno in difficoltà, una volta finita l’emergenza. È un buon esempio da seguire. Oggi abbiamo richieste di auto economico di ogni tipo, per pagare le bollette, le utenze. È il tema del lavoro, però, quello che più genera preoccupazione. Un nostro ospite proprio ieri mi raccontava come dei due lavori che aveva, uno da precario e uno in nero, non ne è rimasto uno. E un padre di famiglia, con un lavoro in nero in uno dei settori più colpiti, mi chiedeva come fare per poter dare da mangiare alla propria figlia. Ci sono interi settori, spesso legati a lavori di bassa soglia, nel settore edile, nella manovalanza, nella ristorazione, in cui si manifesteranno conseguenze pesanti. Pensate alle badanti, molte delle quali oggi sono senza lavoro. E pure senza una casa dove stare».
A fronte di queste difficoltà e di prospettive tutt’altro che rosee, vanno comunque registrati e non dati per scontati i gesti, eroici, degli operatori che hanno garantito, anche in queste settimane, l’apertura dei centri per minori, per disabili, per ragazze madri. «Senza di loro, senza il loro impegno, non ce l’avremmo fatta. Molti di loro, per tutelare le famiglie sono rimasti e rimangono nei centri anche a dormire. Tutti hanno limitato i contatti, anche con i propri figli». È uno dei sacrifici più grandi. Ma è proprio nel pieno della tempesta, che la carità non può retrocedere.
 
Stefano Lampertico