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Giovedì 10 Dicembre 2020
Nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani (10 dicembre), Caritas Italiana pubblica il suo 61° Dossier con Dati e Testimonianze (DDT) dal titolo “Apriamo gli spazi. Ri-animiamo processi di costruzione partecipata delle politiche pubbliche” (.pdf). Si tratta di una riflessione centrata sull'azione delle organizzazioni "civiche" che sembra essere sempre meno libera e sempre meno efficace, anche in tema di advocacy, intesa come azione collettiva volta a riconoscere, tutelare e rendere effettivi i diritti delle persone e delle comunità.
Eppure Papa Francesco nella sua ultima Enciclica "Fratelli tutti" ci ricorda che il rispetto dei diritti fondamentali «è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese». Tutti dobbiamo dunque «essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite», protagonisti di quello «spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni».
Tanto più nell’attuale crisi sociale, sanitaria ed economica la difesa dei diritti è sempre più necessaria: la pandemia lascerà infatti non solo effetti di impoverimento, ma anche un arretramento dei diritti fondamentali. Non bastano gli interventi riparatori e assistenziali, sarà necessario promuovere una cultura dei diritti, delle responsabilità e del bene comune, che implica anche la volontà e la capacità di agire in prima persona e come collettività per l’attuazione dei principi costituzionali e universali di solidarietà, giustizia e uguaglianza.
Pochi giorni fa il Presidente Mattarella ha evidenziato come il volontariato «è un importante volano di solidarietà ed è stato artefice, lavorando in sinergia con i territori, di un profondo cambiamento sociale che ha migliorato la qualità della vita della collettività». La società civile e le organizzazioni che la rappresentano danno e possono continuare a dare un contributo importante, ma devono essere sostenute, ascoltate e coinvolte sempre di più nei processi di cambiamento. Invece, in Italia e nel resto del mondo, il loro spazio di azione si riduce e viene troppo spesso ostacolato.
Secondo il rapporto di CIVICUS il 40% della popolazio¬ne mondiale vive attualmente in Paesi dove è diffu¬sa la repressione, rispetto al 19% nel 2018. Anche nell'Unione Europea - che pure rimane la regione del mondo con il maggior numero di Paesi con spazio civico aperto - alcuni governi stanno limitando le libertà e in molti casi nell'ultimo anno si è fatto ricorso a un uso eccessivo della forza per allontanare manifestanti pacifici.
Lo conferma anche una ricerca Caritas realizzata nei Balcani attraverso il progetto Societies, da cui emerge con chiarezza questa difficoltà. Il 40% delle 266 associazioni intervistate, per lo più escluse da qualsiasi supporto governativo, ha chiesto a Caritas di sostenerle, soprattutto nelle attività di advocacy verso i rispettivi governi. Vorrebbero avere più spazio e una voce riconosciuta visto che sono in prima fila nell’accompagnamento e nell’ assistenza delle persone più fragili. Invece purtroppo, persistendo la crisi generata dalla pandemia, ben l’86% di loro sarà in grado di restare in attività al massimo altri sei mesi.
Questo DDT si aggiunge ai 60 già pubblicati da Caritas Italiana, tutti disponibili on-line.
Eppure Papa Francesco nella sua ultima Enciclica "Fratelli tutti" ci ricorda che il rispetto dei diritti fondamentali «è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese». Tutti dobbiamo dunque «essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite», protagonisti di quello «spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni».
Tanto più nell’attuale crisi sociale, sanitaria ed economica la difesa dei diritti è sempre più necessaria: la pandemia lascerà infatti non solo effetti di impoverimento, ma anche un arretramento dei diritti fondamentali. Non bastano gli interventi riparatori e assistenziali, sarà necessario promuovere una cultura dei diritti, delle responsabilità e del bene comune, che implica anche la volontà e la capacità di agire in prima persona e come collettività per l’attuazione dei principi costituzionali e universali di solidarietà, giustizia e uguaglianza.
Pochi giorni fa il Presidente Mattarella ha evidenziato come il volontariato «è un importante volano di solidarietà ed è stato artefice, lavorando in sinergia con i territori, di un profondo cambiamento sociale che ha migliorato la qualità della vita della collettività». La società civile e le organizzazioni che la rappresentano danno e possono continuare a dare un contributo importante, ma devono essere sostenute, ascoltate e coinvolte sempre di più nei processi di cambiamento. Invece, in Italia e nel resto del mondo, il loro spazio di azione si riduce e viene troppo spesso ostacolato.
Secondo il rapporto di CIVICUS il 40% della popolazio¬ne mondiale vive attualmente in Paesi dove è diffu¬sa la repressione, rispetto al 19% nel 2018. Anche nell'Unione Europea - che pure rimane la regione del mondo con il maggior numero di Paesi con spazio civico aperto - alcuni governi stanno limitando le libertà e in molti casi nell'ultimo anno si è fatto ricorso a un uso eccessivo della forza per allontanare manifestanti pacifici.
Lo conferma anche una ricerca Caritas realizzata nei Balcani attraverso il progetto Societies, da cui emerge con chiarezza questa difficoltà. Il 40% delle 266 associazioni intervistate, per lo più escluse da qualsiasi supporto governativo, ha chiesto a Caritas di sostenerle, soprattutto nelle attività di advocacy verso i rispettivi governi. Vorrebbero avere più spazio e una voce riconosciuta visto che sono in prima fila nell’accompagnamento e nell’ assistenza delle persone più fragili. Invece purtroppo, persistendo la crisi generata dalla pandemia, ben l’86% di loro sarà in grado di restare in attività al massimo altri sei mesi.
Questo DDT si aggiunge ai 60 già pubblicati da Caritas Italiana, tutti disponibili on-line.
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