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Un'informazione corretta   versione testuale

Pur essendo innegabile che un'informazione martellante e le immagini forti contribuiscono alla mobilitazione dell'opinione pubblica e, di conseguenza, alla raccolta di fondi, è vero dall'altra parte che ciò rischia di distorcere la visione dei problemi e delle possibili soluzioni. Sarebbero comunque da evitare messaggi che favoriscono il senso di superiorità di chi aiuta, e che tendono ad enfatizzare gli aspetti più squallidi o patetici della realtà, con la conseguenza di indurre generalizzazioni in negativo nell'opinione pubblica. Per contro, occorre tentare di far capire le cause di ciò che sta accadendo, l'interdipendenza degli avvenimenti e la reciprocità di alcuni problemi. Le Ong si sono date un codice di condotta nei confronti dell'uso di immagini e messaggi riguardanti i Paesi più in difficoltà.

Un ruolo del tutto particolare riveste la stampa locale, specialmente quando alcune fonti cosiddette libere restano davvero tra le poche voci che offrono una lettura dei fatti non "schierata". Non è un caso che alcuni regimi si accaniscano contro tali antenne, nemici a volte più temibili di una forza armata avversaria.

Pur nella scarsezza e nella semplicità dei mezzi a disposizione, merita apprezzamento lo sforzo di corretta informazione di alcune testate redatte nei Paesi più poveri del mondo, anche recentemente teatro di sanguinose violenze. Citiamo, a titolo di esempio, "Kinyamateka", pubblicazione fondata nel 1933 dalla Chiesa cattolica in Ruanda. Le redazione, composta da hutu e tutsi, è in maggioranza laica. Verso la fine degli anni Ottanta il direttore prende le distanze da parte della gerarchia cattolica, giudicata troppo vicina al regime. Da quel momento la vita della redazione è costantemente minacciata: un giornalista è assassinato nel ’92 e lo stesso direttore è oggetto di diversi attentati fino ad essere quasi costretto alla clandestinità. Quando nel ’94 scoppia la guerra, "Kinyamateka" paga un alto tributo di sangue; tre giornalisti sono vittime della violenza. Finita la guerra, il giornale deve far fronte a gravi difficoltà materiali e ad episodi di repressione; nonostante questo riprende le pubblicazioni e con coraggio propone analisi autocritiche verso la popolazione ruandese e pone semi di un difficilissimo processo di riconciliazione.

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