8. Scontro di civiltà    versione testuale
 
Il sentimento di insicurezza, sempre più diffuso nel mondo di oggi, è in parte legato a un diffuso senso di perdita delle proprie radici, di sgretolamento della propria identità. Il recupero, e la valorizzazione positiva delle identità culturali, a partire dalla nostra, è un elemento importante attraverso cui possiamo riscoprire i valori profondi del nostro stare al mondo. E’ necessario però che tale recupero e valorizzazione non trascendano in un sentimento competitivo: il richiamo alle ‘radici’ e all’identità rischia di tradursi in una visione di sopraffazione, di implicito o esplicito sentimento che esista una civiltà migliore, la quale deve essere protetta dall’invasione di altre civiltà considerate ‘barbariche’, e dunque pericolose.
 
La realtà di dice che viviamo tutti delle identità interculturali. Ma nel mondo in cui viviamo è facile creare fratture, promuovendo identità senza gli altri e contro gli altri, come se la soluzione dei nostri problemi più concreti derivasse in maniera naturale dalla ‘sconfitta’ di presunti ‘nemici’. Quando si propaganda la cultura dello scontro verso quelle civiltà etichettate come diverse, una delle argomentazioni maggiormente utilizzate riguarda la religione, come se esistesse un “Dio degli immigrati”, diverso dal nostro. I dati della realtà ci mostrano uno spaccato ben diverso: sono sempre più i migranti appartenenti a confessioni cristiane ad entrare nei nostri confini, spinti dalla guerra, dalla miseria e, in molti casi, dalla persecuzione; e come se guerra, miseria e persecuzione fossero più o meno scandalose in base alla confessione religiosa delle vittime! Secondo l’Istat la religione professata dagli immigrati in Italia, è prevalentemente, per il 56%, quella cristiana, mentre il 26% dei migranti presenti nel nostro paese si professa musulmano. La parola ‘migrante’ non può diventare sinonimo di ‘barbaro’ o ‘terrorista’.
 
Tragici fatti di cronaca offrono una facile sponda alla strumentalizzazione, mettendo in ombra tutti coloro che vivono in pace, contribuendo alla costruzione dell’Italia di domani. Siamo tutti figli di successioni storiche di culture e civiltà. E’ giusto valorizzare le proprie radici, la propria cultura, ma occorre avere la consapevolezza dell’esistenza delle altre culture; e del fatto che occorre costruire insieme una prospettiva in cui la dignità di tutti è promossa e valorizzata. Le diversità devono essere comprese in quella che Papa Giovanni Paolo II ha definito “fondamentale prospettiva dell’unità del genere umano”. La pace deve essere l’obiettivo di tutti e per tutti, e in un tempo come il nostro significa creare incontro, costruire ponti tra le civiltà, non muri di pregiudizi e paura.