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Il disagio è non avere relazioni   versione testuale
30 giugno 2021

Solitudine, ripresa, relazione: sono le tre parole che, durante la pandemia, hanno contraddistinto il lavoro di cura e di accompagnamento che gli operatori del progetto “Mi ritorni in mente” hanno svolto, nel territorio della diocesi calabrese di Lamezia Terme, insieme per e con le persone con disagio psichico.
La diffusione della pandemia da Covid-19 ha portato con sé, soprattutto nel primo periodo, una forte confusione e un grande senso di solitudine, mettendo in discussione tutte le fragilità umane. La risaputa carenza di servizi sociali territoriali ha determinato molti e ulteriori ostacoli; tuttavia, le risorse insite in ogni individuo e la capacità di ripresa di ogni essere umano hanno favorito la possibilità di attraversare il dolore, di affrontare le paure e di superare la solitudine, riprendendo la relazione e la vicinanza con l’altro.
 
In buona salute. Insieme
La scommessa sulla volontà di azione e di ripresa degli individui soggetti a situazioni di disagio psichico è la forza propulsiva di “Mi ritorni in mente. In buona salute insieme”, progetto – si diceva – della Caritas diocesana di Lamezia Terme, gestito dal 2015 dall’Associazione Comunità Progetto Sud e finanziato da Caritas Italiana con fondi 8xmille. Il progetto ha lo scopo di costruire un sistema di sostegno rivolto alle persone con sofferenza mentale, che supporti e rafforzi percorsi di inclusione sociale e lavorativa, orienti alla conoscenza della rete dei servizi e degli enti territoriali e indaghi e aumenti il senso profondo delle relazioni solidali e comunitarie.
Le motivazioni che hanno indotto la Caritas diocesana e l’Associazione Comunità Progetto Sud a sperimentare un progetto innovativo sul disagio psichico derivano dai bisogni emersi dai centri di ascolto Caritas, ma anche da enti e organizzazioni che operano in rete con la Caritas diocesana (Centri di salute mentale, enti locali, organizzazioni del privato sociale, ecc.), e dalle continue richieste di aiuto da parte di familiari alla stessa Associazione Comunità Progetto Sud.
Questo aspetto, sommandosi alla carenza di interventi e servizi sociali in Calabria, ha spinto la rete, negli anni, a intensificare la collaborazione e a cercare di dare risposte sempre più concrete alle persone in stato di bisogno. Attraverso le azioni progettuali realizzate nel territorio lametino negli ultimi anni, si sono avviati processi culturali in grado di rendere evidente che la cura psichiatrica non passa esclusivamente per il Centro di salute mentale o l’uso intenso di terapie farmacologiche, ma anche attraverso lo sviluppo di nuove metodologie e la promozione di percorsi inclusivi di welfare comunitario.
Se da un lato, scoppiata la pandemia, la preoccupazione maggiore è stata dunque non poter essere in grado di sostenere le persone con disagio psichico, d'altro canto si è avuta la sicurezza che i legami solidali e di comunità sarebbero stati di grande aiuto nella vita delle persone, soprattutto in quelle che esprimevano maggiore fragilità psicologica che, a causa della “chiusura forzata”, aumentava di giorno in giorno, facendo accrescere le loro richieste di aiuto. 
 
Una migliore autostima
L’aumento delle richieste di aiuto ha spinto l’équipe di progetto a ripensare a nuove modalità di intervento, usufruendo in molti casi dei sistemi digitali. Si sono dovute modificare alcune attività progettuali cercando di mantenere una continuità tra i progetti individualizzati e di gruppo precedentemente avviati e l’utilizzo di nuovi strumenti, che consentissero lo svolgimento delle azioni.
Questo ha comportato un nuovo modo di costruire le relazioni e la necessità di trasmettere nuove competenze ai beneficiari e ai loro familiari, in molti casi anziani. Con alcuni beneficiari, e in collaborazione con le famiglie, inizialmente sono stati avviati brevi corsi, nei quali insegnare e aiutare a esercitarsi nell’utilizzo di personal computer, telefoni con fotocamera, ecc. Con altri, invece, si sono avviati incontri di sostegno e di gruppo attraverso l’utilizzo di chat.
Per dare continuità alle azioni riguardanti l'autonomia personale e domestica, sono state realizzate anche attività presso le abitazioni degli utenti. Attività come “Oggi cucino con…” (mamma, papà, ecc.) e “Mi prendo cura di…” (famiglia, pianta, stanza, ecc.) hanno consentito la crescita di una migliore autostima, per cui le persone con disagio psichico hanno potuto sperimentare un ruolo attivo all’interno della propria famiglia, un miglioramento della capacità di prendersi cura di sé e di assumersi nuove responsabilità, in alcuni casi persino un miglioramento nelle relazioni familiari. In molti altri casi però, la convivenza forzata e la privazione di talune libertà di movimento non hanno favorito i rapporti all’interno delle mura domestiche, anzi... È stato difficile per tutti essere privati della libertà e ancor più per persone fragili, i cui sintomi psichici si sono maggiormente acutizzati, ciò che li ha condotte a esprimere il proprio disagio anche attraverso episodi di violenza.
 
Relazioni accoglienti
Un ulteriore elemento di complessità è stato rappresentato, nonostante le modifiche delle azioni e delle attività progettuali e nonostante le “riaperture” alla vita quotidiana (per periodi più o meno brevi), dal fatto che si è avvertita fortemente (e ancora si avverte) la mancanza della relazione, intesa come vicinanza fisica. Si è allentata la bellezza dell’incontro con l’altro a tu per tu; della stretta di una mano, anche solo per sentire e scambiarsi emozioni. Tuttavia recentemente la lenta ripresa, scandita dal susseguirsi di svariati Dpcm, ha consentito di riavviare le attività di socializzazione nel territorio, per esempio le passeggiate in città o le uscite al mare o nei locali, nonché di “risvegliare” le relazioni accoglienti e solidali di vicinato e di quartiere.
Con la definizione di “relazioni accoglienti” è possibile indicare tutte le relazioni che le persone nel loro quotidiano, a prescindere dalla presenza o meno di un disagio, hanno creato e stabilito nella loro vita ordinaria e in generale nel proprio territorio. Naturalmente, tali relazioni assumono un’importanza ancora più elevata quando è presente un disagio, sino a diventare punti fermi in un contesto comunitario. Sono di fatto sistemi di relazioni affettive e includenti instaurate nel tempo e nella quotidianità di una comunità (per esempio con il vicino di casa, con il negoziante del quartiere, con il volontario della parrocchia, ecc.), ed esprimono un alto valore, derivante dalla conoscenza e dall’accettazione incondizionata dell’altro.
La modalità operativa del progetto ha accompagnato la persona con disagio psichico per l’appunto nella sua quotidianità, nell’agire di tutti i giorni, nella famiglia, nello svolgere le proprie mansioni lavorative, nelle relazioni amicali e interpersonali, nel suo vissuto dentro le comunità territoriali come presenza-risorsa umana e sociale, valorizzando gli elementi positivi che caratterizzano le relazioni capaci di passare oltre lo stigma della malattia mentale percepito dall’immaginario collettivo.
Data l’esperienza, si ritiene dunque che la fragilità mentale vada curata non esclusivamente con terapie farmacologiche o lunghe degenze, ma potenziando interventi promotori di benessere e sviluppo di un clima più sereno e accogliente all’interno della comunità territoriale. 
 
Fondamentale la cooperazione
Diventa fondamentale, a questo proposito, la cooperazione tra le persone con disagio psichico, le famiglie, i sistemi di relazioni umanizzanti e i servizi pubblici territoriali, per costruire una presa in carico sociale e comunitaria
I centri di salute mentale, attualmente e soprattutto in Calabria, svolgono però interventi prevalentemente ambulatoriali e diurni. A ciò si aggiunge la carenza di personale (dovuta al pensionamento di molti professionisti, non sostituiti) che va determinando lo svuotamento di servizi importanti (Csm, consultori, ecc.), provocando l'impossibilità di fare fronte ai bisogni ordinari e ancor più alle emergenze.
La pandemia ha fatto emergere maggiormente le debolezze del sistema sanitario nazionale, e ancor di più di quello calabrese, mettendo in risalto l’assenza di strutture pubbliche specialistiche e di servizi territoriali; nel frattempo, ha acceso i riflettori sull’importanza dei legami solidali, delle azioni di cura territoriali e delle relazioni amicali e accoglienti comunitarie.
Il tema della salute, e nello specifico della salute mentale, con il divampare della pandemia ha messo in risalto i gap istituzionali, spingendo il singolo individuo, la famiglia, la politica, la Chiesa, e in definitiva l’intera società, a riflettere sulla necessità di collaborare, per lo sviluppo di un benessere generale condiviso.
 
Angela Muraca e Isabella Saraceni