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Gli adolescenti e le speranze raffreddate   versione testuale
2 aprile 2021

«No! Di nuovo in zona rossa, no!!!». Le ragazze, all’uscita dell’ultimo giorno di scuola in presenza, dopo l’ennesima stretta, piangono e si abbracciano, tristissime all’idea di un altro periodo di isolamento, con molte ore di didattica a distanza, e il desiderio frustrato di uscire e stare con gli amici, come dovrebbe essere normale a 15 anni.
La pandemia ha stravolto le nostre vite, obbligandoci a comportamenti che un anno e mezzo fa ci sarebbero sembrati assurdi: le mascherine, la misurazione frequente della temperatura, il distanziamento con l’obbligo di non toccarsi, le restrizioni agli spostamenti, il confinamento nelle abitazioni...
A parte la pausa estiva, da mesi le nostre relazioni sono obbligate a un “raffreddamento” che mira a impedire l’espandersi del contagio, ma rischia di impedire anzitutto la comunicazione delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti. Con conseguenze che cominciamo pian piano a sperimentare.
 
Cerco di calmarmi
È interessante parlarne attraverso il punto di vista di tanti operatori dei Consultori di ispirazione cristiana, oltre 230 realtà sparse in tutta Italia. Questi servizi sono presidi di accoglienza, ascolto e accompagnamento di persone e famiglie che sentono la necessità di fermarsi nel loro percorso di vita, per recuperare le proprie forze e riscoprire in loro stesse le risorse che credevano perdute. L’empowerment, infatti, è il fine dell’azione dei professionisti consultoriali, che mira a una crescita degli utenti nella conoscenza del sé e nella capacità di acquisire competenze, per uscire dallo stato di impasse e intraprendere il cambiamento necessario.
Da quando i nostri Consultori hanno riaperto, dopo le vacanze estive e, ancora di più, dopo quelle natalizie, hanno osservato l’arrivo di un numero elevato di ragazze e ragazzi tra i 15 e i 18 anni che, in alcuni casi, hanno chiamato in prima persona per chiedere aiuto, perché vivono con disagio, confusione, ansia e paura questo periodo difficile. La vita di un adolescente è normalmente caotica, le emozioni si amplificano, la tristezza diventa una tragedia e l’allegria esaltazione, ma è il bello di questa età: «L’epoca delle speranze possibili», l’hanno definita Ezio Aceti e Giuseppe Milan in un libro di un decennio fa.
Durante questi ultimi anni però, spesso si è riflettuto su un ridimensionamento dell’orizzonte in cui i ragazzi vivono, con la conseguente difficoltà a immaginare e sperimentare motivi di speranza. È emblematica, a questo proposito, una canzone molto conosciuta dai ragazzi, intitolata 18 anni; il testo riguarda il desiderio di essere fuori dal coro e dalla routine del futuro già programmato ma, a un certo punto, apre uno squarcio su un vissuto profondo: «Ho 18 anni, non cerco l’università, ma cerco di calmarmi». Si manifesta, insomma, una richiesta di rassicurazione, che scaturisce dal desiderio di avere basi affettive solide per rapporti sicuri che, se ci sono, ci fanno sentire capaci di affrontare sfide anche difficili, perché si sente di avere le spalle coperte; ma se mancano, minano la tenuta delle sicurezze e dell’autostima, richiudendo l’esistenza in vissuti asfittici e quasi disperati.
 
Un modo patologico di “sentire”
Questi sentimenti, comuni a molti adolescenti, si evidenziano ancora di più al tempo del Covid, tempo in cui tutto è congelato, bloccato, sospeso, e i rapporti interpersonali si sono necessariamente frammentati. I nostri figli sono schiacciati dalla paura, dalle statistiche quotidiane dei morti (che in alcuni casi sono persone concrete, conosciute, a cui si vuole bene), dalla crisi economica in cui versano tante famiglie, da una narrazione che non sa dare orizzonti di speranza. Si ritrovano da soli, in casa, davanti allo schermo di un pc, proiettati in una dimensione virtuale della vita che, se da un lato consente di studiare, lavorare e mantenersi in comunicazione con gli altri nonostante tutto, dall’altro, genera un pericoloso disorientamento, che priva del calore dell’incontro con gli amici e anche dal calore delle esperienze sentimentali (le classiche “cotte” e i primi amori) che fanno battere il cuore e che sono molto difficili da vivere online.
Nei nostri incontri quotidiani con i ragazzi, assistiamo alla manifestazione di diversi sintomi, come l’ansia o l’autolesionismo, che negli ultimi anni è diventato un modo patologico di “sentire” e quindi esprimere emozioni, altrimenti non concesse dalla vita che un adolescente conduce. Alcuni genitori lamentano poi il ritiro sociale patologico dei propri figli, e in alcuni casi la dipendenza vera e propria dall’intermediario digitale: tendenza acuita dal fatto che, in tempi di pandemia, non solo lo svago e la possibilità delle relazioni interpersonali, ma persino lo studio passano necessariamente attraverso lo schermo di un dispositivo elettronico, unico compagno per ore e ore durante i giorni che si susseguono, sino ad arrivare a generare anche alterazioni del ritmo sonno-veglia.
Molti ragazzi riportano anche sintomi di allontanamento dalla realtà, con allucinazioni uditive o visive che si inseriscono pervasivamente nelle loro giornate. In alcuni casi è necessario persino aiutarli a “sentire” il proprio corpo attraverso esercizi di respirazione o di percezione tattile, per toccarsi e toccare la terra su cui si cammina, per sentirsi situati in un qui ed ora concreto.
 
Pubertà anticipata, l’importanza dell’aria aperta
Queste osservazioni si aggiungono ai dati pubblicati in articoli scientifici che cercano di indagare su come questa emergenza sanitaria stia incidendo sul benessere psicofisico dei bambini e degli adolescenti. Anzitutto, va segnalato lo studio condotto dall’équipe degli specialisti di endocrinologia dell’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma, pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics: nella ricerca, basata sull’osservazione clinica dei casi giunti nell’ospedale romano, si vede che sono più che raddoppiati, durante il lockdown del 2020, i casi di pubertà anticipata o precoce, una malattia rara con incidenza dello 0,1-0,6%. In queste situazioni, il corpo del bambino inizia a trasformarsi in adulto troppo presto, con un’accelerazione dello sviluppo dei caratteri sessuali e una rapida chiusura delle cartilagini di accrescimento osseo, che comporta una crescita più veloce dell’altezza la quale, raggiunto il picco, si esaurisce, sino al raggiungimento di una statura inferiore alla media.
L’ipotesi dei ricercatori è che alla base del fenomeno ci sia stata, durante il lockdown, una combinazione di fattori: in particolare, modifiche dello stile di vita e del regime di alimentazione, e uso prolungato di Pc e tablet, che si sono aggiunti all’azione dei cosiddetti endocrine disruptors, sostanze chimiche comunemente presenti nei nostri appartamenti, che stanno facendo sentire di più i loro effetti negativi, complice la prolungata permanenza nelle case. Il proseguimento della ricerca forse chiarirà meglio le cause e confermerà ciò che già sappiamo, cioè che lo stare all’aria aperta, il giocare al sole il più possibile, sono fondamentali per assicurare ai bambini uno sviluppo equilibrato e armonico.
Altrettanto preoccupanti sono i dati di un’indagine diffusi dal ministero della Salute, dai quali risulta l’aumento dei disturbi del comportamento alimentare: anoressia e bulimia nervose, fame emotiva e altri squilibri nel rapporto quotidiano con il cibo hanno fatto registrare un aumento dei casi del 30% circa, con un incremento di quattro volte del numero di pazienti maschi, normalmente meno colpiti da questa problematiche.
 
Aumento della violenza
Purtroppo, occorre poi fare cenno anche all’aumento di episodi di violenza sui minori, che si sta manifestando sia attraverso i canali on line, sia all’interno delle famiglie, decisamente amplificata dalle convivenze forzate e dall’aumento delle situazioni di povertà, che esasperano i conflitti irrisolti, rendendoli esplosivi.
Un discorso correlato e non meno problematico attiene all’approfondimento delle differenze economico-sociali, di cui – come è noto – i minori sono le prime vittime e che si evidenziano soprattutto con le differenze di accesso alla rete internet e di possesso di un pc, o almeno di uno smartphone per poter assistere alle lezioni. Non tutte le scuole, nonostante i bonus previsti dal governo, sono state in grado di colmare questo divario.
La pandemia è un fattore stressante a 360 gradi e può portare alla luce sintomi psico-fisici gravi in persone particolarmente predisposte. Importante è chiedere aiuto a professionisti esperti della salute (anche psichica), capaci di guardare alla persona nella sua complessità e di cercare strategie preventive, favorendo il più possibile momenti di relazioni in presenza, per ritornare a sentire la vicinanza degli altri che ci guardano, ci ascoltano, con cui poter scherzare, mangiare, stare insieme.
Anche in famiglia, è importante trovare spazi per stare insieme, ascoltandosi e dando parola alle proprie emozioni, aiutandosi ad elaborare un periodo tanrto doloroso, e scegliere di vivere anche momenti di svago giocando, guardando un film, preparando insieme un dolce, per ricostruire relazioni calde che facciano sentire i nostri figli pensati, riconosciuti, ascoltati. E soprattutto amati.
 
Daniela Notarfonso presidente Commissione scientifica della Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana