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Approfondimenti:
- Natale nelle zone terremotate (Famiglia Cristiana - .pdf)
- Impegno Caritas a 4 mesi da terremoto centro Italia (Redattore Sociale - .pdf)
- Le iniziative e le proposte delle Caritas Diocesane
- Marcia della Pace e Giornata mondiale della Pace
- Flussi migratori e diritti umani
Giovedì 22 Dicembre 2016
L'evangelista Luca, nel raccontare la nascita di Gesù, disegna un percorso che dall’universale, il censimento di tutta la terra, arriva al particolare, la mangiatoia di Betlemme. Da qui, con l’amore indifeso e liberante del bambino che è nato, riparte la storia della salvezza che si irradia di nuovo nel mondo intero. Oggi i pastori sono un po’ diversi: in ogni angolo della terra ci sono gli uomini del mondo globalizzato, oltre i confini, cittadini del mondo, ma anche popoli che gridano, una donne e uomini che sperimentano sofferenze, figli che hanno paura. Tutti continuano ad avere fame e sete di pace e di giustizia.
Un pensiero particolare, che vorrei fosse rivolto da tutti, va a quanti sono nelle zone dell’Italia centrale dove la terra continua a tremare e dove la presenza e l’impegno Caritas - grazie anche ai gemellaggi che coinvolgono tutte le Caritas in Italia, da nord a sud - restano costanti in tutti i paesi toccati, anche quelli spesso dimenticati. Questo vuol dire anche avere e promuovere la consapevolezza che il cratere di questo terremoto è grande, così come lo sono i danni che ha prodotto, accanto alla perdita di vite umane. Occorre dunque riprendere il percorso di Luca, allargandoci a cerchi concentrici anche verso le zone meno battute da politici e telecamere, ma non per questo con meno bisogni.
I numeri e i dati che i media aggiornano costantemente non riescono a raccontare "il faccia a faccia" con l’immane tragedia, la trama delle relazioni, la fatica di abitare l’emergenza con la delicatezza necessaria, la fede e la speranza di tanti. La responsabilità è grande. Bisogna soprattutto ‘fare bene’, rispondendo a quattro criteri di fondo: un impegno di lungo periodo oltre le esigenze immediate dell’emergenza; l’accompagnarsi alle Chiese locali e alle Caritas diocesane per concordare gli interventi più opportuni; il partire dagli ultimi, ossia da chi è rimasto ai margini della stessa emergenza, esprimendo così la duplice fedeltà a Dio e alle persone; il mettersi alla scuola dei poveri per maturare relazioni di prossimità, di reciprocità, di speranza, di pace.
Allargando lo sguardo a livello planetario, mentre si apre un nuovo anno, siamo spronati ad adottare gli stessi criteri di fronte alle tante situazioni di conflitto e di sofferenza, come le stragi ad Aleppo e i recenti attentati ad Istambul e Berlino, le cui vittime ricordiamo nella preghiera. Con un’attenzione particolare, come ci chiede il Papa nel Messaggio per la 50° Giornata mondiale della pace, ad uno stile di nonviolenza, come metodo realistico e aperto alla speranza, basato sulla salvaguardia della dignità di ogni essere umano, senza discriminazioni e distinzioni.
Un pensiero particolare, che vorrei fosse rivolto da tutti, va a quanti sono nelle zone dell’Italia centrale dove la terra continua a tremare e dove la presenza e l’impegno Caritas - grazie anche ai gemellaggi che coinvolgono tutte le Caritas in Italia, da nord a sud - restano costanti in tutti i paesi toccati, anche quelli spesso dimenticati. Questo vuol dire anche avere e promuovere la consapevolezza che il cratere di questo terremoto è grande, così come lo sono i danni che ha prodotto, accanto alla perdita di vite umane. Occorre dunque riprendere il percorso di Luca, allargandoci a cerchi concentrici anche verso le zone meno battute da politici e telecamere, ma non per questo con meno bisogni.
I numeri e i dati che i media aggiornano costantemente non riescono a raccontare "il faccia a faccia" con l’immane tragedia, la trama delle relazioni, la fatica di abitare l’emergenza con la delicatezza necessaria, la fede e la speranza di tanti. La responsabilità è grande. Bisogna soprattutto ‘fare bene’, rispondendo a quattro criteri di fondo: un impegno di lungo periodo oltre le esigenze immediate dell’emergenza; l’accompagnarsi alle Chiese locali e alle Caritas diocesane per concordare gli interventi più opportuni; il partire dagli ultimi, ossia da chi è rimasto ai margini della stessa emergenza, esprimendo così la duplice fedeltà a Dio e alle persone; il mettersi alla scuola dei poveri per maturare relazioni di prossimità, di reciprocità, di speranza, di pace.
Allargando lo sguardo a livello planetario, mentre si apre un nuovo anno, siamo spronati ad adottare gli stessi criteri di fronte alle tante situazioni di conflitto e di sofferenza, come le stragi ad Aleppo e i recenti attentati ad Istambul e Berlino, le cui vittime ricordiamo nella preghiera. Con un’attenzione particolare, come ci chiede il Papa nel Messaggio per la 50° Giornata mondiale della pace, ad uno stile di nonviolenza, come metodo realistico e aperto alla speranza, basato sulla salvaguardia della dignità di ogni essere umano, senza discriminazioni e distinzioni.
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