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Approfondimento:
Dichiarazione CNESC su riforma Servizio Civile Universale
Dichiarazione CNESC su riforma Servizio Civile Universale
Venerdì 27 Maggio 2016
La Consulta Ecclesiale degli organismi socio-assistenziali, composta da CISM, CNCA, Conferenza Nazionale delle Misericordie, Coordinamento Enti e Asssociazioni di Volontariato Penitenziario (SEAC), Gruppi di volontariato Vincenziano, FICT, CIF, Società S. Vincenzo de’ Paoli, Mac, Uneba, Acisjf, Associazione Papa Giovanni XXIII, Avulss, Usmi e Consulta Nazionale Fondazioni Antiusura, esprime un complessivo apprezzamento per l'approvazione della legge delega al Governo per la "Riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale", avvenuta all Camera in via definitiva il 25 maggio scorso.
In particolare si riconosce la determinazione dell’iniziativa del Governo nel perseguire questo risultato, l’impegno con il quale il Parlamento ha discusso e approfondito i contenuti del disegno di legge, prendendo anche atto della disponibilità dimostrata sia dal rappresentante del Governo (il Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, on. Luigi Bobba) sia dai relatori (on. Donata Lenzi, alla Camera dei Deputati, e sen. Stefano Lepri, al Senato) nel prendere in considerazione, anche su sollecitazione di organismi componenti della Consulta, aspetti della riforma non chiari o controversi.
La riforma appare, nel suo complesso e nelle sue linee generali, condivisibile e viene a colmare una lacuna da tempo denunciata, anche se un più fondato e informato giudizio potrà essere espresso solo a seguito dell’emanazione dei numerosi decreti delegati attuativi, per i quali sono indicati criteri e principi molto ampi. Sin d’ora, comunque, la Consulta e gli organismi che la compongono dichiarano, considerata la lunga esperienza e la vasta rappresentatività, la propria disponibilità a collaborare con i competenti organi per quanto possa essere ritenuto utile.
Si riscontra una larga apertura a fattori che possano agevolare l’accesso a forme di finanziamento di attività di interesse generale (remunerazione del capitale, possibilità di distribuzione degli utili, etc) sulla scia delle scelte operate dalla legge di stabilità 2016 con le “società benefit” che è di per sé condivisibile, ampliando l’area dei soggetti impegnati in finalità di pubblico interesse. Queste realtà verranno, infatti, ad affiancare l’opera degli organismi di terzo settore, che secondo la corretta definizione data dalla riforma, debbono essere caratterizzati dal requisito essenziale della non lucratività soggettiva (art. 1, comma 1). Tuttavia in questo quadro complessivo, la Consulta esprime una preoccupazione circa l’art. 6 che stabilisce che le imprese sociali (non solo associazioni e fondazioni, ma anche S.p.A, S.r.l. etc.) sono di diritto componenti del terzo settore e che lo sono anche se adottano forme di remunerazione del capitale e distribuzione degli utili (art. 6, comma 1, lett. d). E’ auspicabile che in sede di definizione dei decreti attuativi non vengano del tutto compromesso sia il principio di dono che quello di gratuità, che devono sottostare al concetto di Terzo Settore e che caratterizzano la secolare storia delle opere con finalità generali e sociali propria del nostro Paese e della nostra cultura.
Si segnalano altresì alcuni elementi di perplessità circa l’istituzione del Registro unico del terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’iscrizione sarà obbligatoria per gli enti che ricevono finanziamenti pubblici, fruiscono di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei, o esercitano attività in forma di accreditamento o convenzione, o che intendono avvalersi delle agevolazioni previste dall’art. 9. Dal momento che tale registrazione non ha valore costitutivo dovrebbe essere sufficiente, come per la generalità delle persone giuridiche di cui al Libro V, cod. civ., l’iscrizione nel Registro tenuto dalla Camere di Commercio, che è pubblico e consultabile per via telematica. Dovrà, comunque, essere chiarito nei decreti delegati se questa registrazione “nazionale” è sostitutiva (o aggiuntiva) alle registrazioni regionali e se per le imprese sociali resta – se e in quanto costituite in base al Libro V cod.civ. – l’obbligo della doppia registrazione. Anche sotto questo aspetto si conferma l’impressione di una sorta di diffidenza verso le iniziative liberamente assunte dai cittadini aventi finalità di interesse generale per le quali viene sempre previsto un “passaggio” governativo, retaggio del codice civile del 1942, che mal si raccorda con l’art. 2 della Costituzione.
Per quanto riguarda il volontariato, i criteri e principi generali, nella loro ampiezza, riflettono molte delle questioni da più parti sollevate, ed anche per questo occorre attendere l’emanazione dei decreti delegati. Tuttavia suscita perplessità la scelta di trasformare i centri di servizio per il volontariato in centri di servizio per il volontariato e il terzo settore, unificando due realtà estremamente diverse sotto tutti i profili: va evitato il rischio che il volontariato diventi minoritario rispetto alle associazioni, fondazioni e istituzioni di terzo settore che hanno di norma struttura, potenzialità economiche, bacino di utenti più consolidate.
Perplessità suscita poi la disposizione che prevede che gli eventuali emolumenti di amministratori e dirigenti dei centri di servizio vengano posti a carico delle fondazioni bancarie in forma aggiuntiva rispetto ai finanziamenti ex art. 15, legge 266/1991, con il rischio di compromettere la loro autonomia nei riguardi degli enti finanziatori.
La Consulta, confermando la valutazione di complessivo apprezzamento della Riforma, auspica che in sede di emanazione dei decreti legislativi previsti si possa tenere conto delle osservazioni sopra esposte, come di altre indicazioni già esposte dagli organismi che la compongono, e riafferma la propria disponibilità ad ogni utile collaborazione.
In particolare si riconosce la determinazione dell’iniziativa del Governo nel perseguire questo risultato, l’impegno con il quale il Parlamento ha discusso e approfondito i contenuti del disegno di legge, prendendo anche atto della disponibilità dimostrata sia dal rappresentante del Governo (il Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, on. Luigi Bobba) sia dai relatori (on. Donata Lenzi, alla Camera dei Deputati, e sen. Stefano Lepri, al Senato) nel prendere in considerazione, anche su sollecitazione di organismi componenti della Consulta, aspetti della riforma non chiari o controversi.
La riforma appare, nel suo complesso e nelle sue linee generali, condivisibile e viene a colmare una lacuna da tempo denunciata, anche se un più fondato e informato giudizio potrà essere espresso solo a seguito dell’emanazione dei numerosi decreti delegati attuativi, per i quali sono indicati criteri e principi molto ampi. Sin d’ora, comunque, la Consulta e gli organismi che la compongono dichiarano, considerata la lunga esperienza e la vasta rappresentatività, la propria disponibilità a collaborare con i competenti organi per quanto possa essere ritenuto utile.
Si riscontra una larga apertura a fattori che possano agevolare l’accesso a forme di finanziamento di attività di interesse generale (remunerazione del capitale, possibilità di distribuzione degli utili, etc) sulla scia delle scelte operate dalla legge di stabilità 2016 con le “società benefit” che è di per sé condivisibile, ampliando l’area dei soggetti impegnati in finalità di pubblico interesse. Queste realtà verranno, infatti, ad affiancare l’opera degli organismi di terzo settore, che secondo la corretta definizione data dalla riforma, debbono essere caratterizzati dal requisito essenziale della non lucratività soggettiva (art. 1, comma 1). Tuttavia in questo quadro complessivo, la Consulta esprime una preoccupazione circa l’art. 6 che stabilisce che le imprese sociali (non solo associazioni e fondazioni, ma anche S.p.A, S.r.l. etc.) sono di diritto componenti del terzo settore e che lo sono anche se adottano forme di remunerazione del capitale e distribuzione degli utili (art. 6, comma 1, lett. d). E’ auspicabile che in sede di definizione dei decreti attuativi non vengano del tutto compromesso sia il principio di dono che quello di gratuità, che devono sottostare al concetto di Terzo Settore e che caratterizzano la secolare storia delle opere con finalità generali e sociali propria del nostro Paese e della nostra cultura.
Si segnalano altresì alcuni elementi di perplessità circa l’istituzione del Registro unico del terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’iscrizione sarà obbligatoria per gli enti che ricevono finanziamenti pubblici, fruiscono di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei, o esercitano attività in forma di accreditamento o convenzione, o che intendono avvalersi delle agevolazioni previste dall’art. 9. Dal momento che tale registrazione non ha valore costitutivo dovrebbe essere sufficiente, come per la generalità delle persone giuridiche di cui al Libro V, cod. civ., l’iscrizione nel Registro tenuto dalla Camere di Commercio, che è pubblico e consultabile per via telematica. Dovrà, comunque, essere chiarito nei decreti delegati se questa registrazione “nazionale” è sostitutiva (o aggiuntiva) alle registrazioni regionali e se per le imprese sociali resta – se e in quanto costituite in base al Libro V cod.civ. – l’obbligo della doppia registrazione. Anche sotto questo aspetto si conferma l’impressione di una sorta di diffidenza verso le iniziative liberamente assunte dai cittadini aventi finalità di interesse generale per le quali viene sempre previsto un “passaggio” governativo, retaggio del codice civile del 1942, che mal si raccorda con l’art. 2 della Costituzione.
Per quanto riguarda il volontariato, i criteri e principi generali, nella loro ampiezza, riflettono molte delle questioni da più parti sollevate, ed anche per questo occorre attendere l’emanazione dei decreti delegati. Tuttavia suscita perplessità la scelta di trasformare i centri di servizio per il volontariato in centri di servizio per il volontariato e il terzo settore, unificando due realtà estremamente diverse sotto tutti i profili: va evitato il rischio che il volontariato diventi minoritario rispetto alle associazioni, fondazioni e istituzioni di terzo settore che hanno di norma struttura, potenzialità economiche, bacino di utenti più consolidate.
Perplessità suscita poi la disposizione che prevede che gli eventuali emolumenti di amministratori e dirigenti dei centri di servizio vengano posti a carico delle fondazioni bancarie in forma aggiuntiva rispetto ai finanziamenti ex art. 15, legge 266/1991, con il rischio di compromettere la loro autonomia nei riguardi degli enti finanziatori.
La Consulta, confermando la valutazione di complessivo apprezzamento della Riforma, auspica che in sede di emanazione dei decreti legislativi previsti si possa tenere conto delle osservazioni sopra esposte, come di altre indicazioni già esposte dagli organismi che la compongono, e riafferma la propria disponibilità ad ogni utile collaborazione.
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